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Se il boom delle biomasse è a secco di sostenibilità

Biomasse, il boom può raddoppiare lo stress idrico globale
Foto di moses da Pixabay

Ecco quanto le piantagioni di biomasse aggravano lo stress idrico

(Rinnovabili.it) – Dietro l’uso energetico delle biomasse c’è lo spettro della scarsità d’acqua. Le bioenergie sono viste spesso come la Cenerentola delle rinnovabili, tanto da spingere il capo dell’Iea Fatih Birol a definirle ‘gigante trascurato’. Un gigante circondato altrettanto spesso da polemiche, visto che l’uso di biomasse legnose – tanto più in caso di boom – non è di per se stesso sinonimo di sostenibilità.

Uno studio pubblicato su Nature Communications mette a disposizione un’altra freccia per l’arco di chi critica l’attenzione riservata alle biomasse come fonte di energia alternativa. Dopo aver condotto diverse simulazioni, i ricercatori hanno stabilito che uno degli effetti collaterali di un ipotetico boom delle biomasse è l’aumento considerevole dello stress idrico, specie in regioni già svantaggiate da questo punto di vista.

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“L’irrigazione delle future piantagioni di biomassa per la produzione di energia senza una gestione idrica sostenibile, combinata con la crescita della popolazione, potrebbe raddoppiare sia l’area globale che il numero di persone che soffrono di grave stress idrico entro la fine del secolo, secondo le nostre simulazioni”, afferma Fabian Stenzel del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), prima firma dello studio. E anche adottare protocolli sostenibili per la gestione dell’acqua porterebbe soltanto a dimezzare l’aumento dello stress idrico.

La via dell’uso energetico delle biomasse è vista come necessaria per centrare gli obiettivi di Parigi sul clima. In basse agli scenari elaborati dall’IPCC, per restare sotto la soglia degli 1,5°C, le piantagioni di biomassa potrebbero aumentare di 6 milioni di km2 entro il 2100: una superficie enorme, grande 1 volta e mezza l’Unione Europea.

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In base alle simulazioni, i ricercatori sottolineano che l’impatto dello stress idrico non sarebbe ugualmente distribuito sul pianeta. Le aree che oggi si trovano a dover affrontare già oggi situazioni critiche sarebbero ulteriormente svantaggiate. In particolare, il rischio è più elevato per il Mediterraneo, il Medio Oriente, la Cina nord-orientale, e le sponde atlantica e indiana dell’Africa meridionale.

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