La CIA stima che solo da rami e fronde degli ulivi della regione più olivicola d’Italia, la Puglia, si possono ricavare ben 700 mila tonnellate l’anno di biomassa
(Rinnovabili.it) – Per centrare gli obiettivi energetici imposti al 2020 basterebbe affidarsi al settore agricolo. O meglio, basterebbe sfruttare gli scarti di questo comparto e ottenere in cambio il 45% della quota energetica green richiesta da Bruxelles per la fine di questo decennio. A rivelarlo è la CIA-Confederazione Italiana Agricoltori, che ricorda quale ruolo decisivo possa svolgere questo settore primario all’interno della strategia energetica italiana. Sfruttando al meglio le risorse agro-energetiche provenienti da campi e stalle italiane è possibile arrivare a risparmiare, nei prossimi dieci anni, 20 miliardi di euro di spesa per l’import di combustibili fossili, sottraendo all’ambiente 240 milioni di tonnellate di CO2.
“Oggi in Italia sono soprattutto i giovani a optare per la produzione di biomasse e biogas, una scelta ecologica in grado di diminuire l’impatto ambientale dell’impresa, ma anche una grande chance per dribblare la crisi”, spiega la Confederazione. “Quello che rende particolarmente conveniente la produzione di agroenergie è la natura della fonte che viene trasformata, in tutti i casi costituita da scarti di produzione. Quindi da materiali che altrimenti andrebbero smaltiti, con i problemi logistici ed economici che questo comporta. È per questo che si tratta di una soluzione davvero capace di cambiare e di molto i bilanci aziendali, affiancando al reddito legato all’attività principale dell’impresa, il “food” -che comunque resta la sua vera vocazione- un guadagno aggiuntivo importante”. Tra le voci più redditizie nel settore della produzione bioenergetica, l’olivicoltura la fa da padrone. Basti pensare che solo da rami e fronde degli ulivi pugliesi si possono ottenere ben 700 mila tonnellate l’anno di biomassa da convertire in cippato e pellet.