Il report di InfluenceMap ha monitorato l’azione di lobby delle big oil
(Rinnovabili.it) – Anche le Big Oil hanno aperto il portafoglio per il clima. Ma anziché finanziare la lotta climatica, le società hanno investito in campagne di green branding per aumentare le loro credenziali verdi. È quanto denuncia oggi InfluenceMap, un think tank con sede nel Regno Unito, dopo aver monitorato la spesa di cinque major petrolifere: ExxonMobil, Shell, Chevron, BP e Total. Nel suo nuovo report, dal titolo Big Oil’s Real Agenda on Climate Change, l’ente fa le pulci agli sforzi delle compagnie fossili per allinearsi a quanto richiesto dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Dopo la COP 21, le compagnie fossili hanno affermato pubblicamente di sostenere l’applicazione di prezzo globale per il carbonio e hanno dato vita a gruppi come l’Oil and Gas Climate Initiative per promuovere misure di impegno volontarie. C’è chi ha aperto le porte al business delle rinnovabili e chi tenta la strada dei biocarburanti di terza generazione come una potenziale soluzione al riscaldamento globale.
Nel complesso le cinque multinazionali hanno investito in media hanno investito in media 195 milioni di dollari ogni anno in progetti sostenibili, suggerendo di supprtare un’agenda climatica ambiziosa. Ma, lontano dai riflettori pubblici, ne hanno speso oltre 200 per controllare, ritardare o opporsi a politiche climatiche vincolanti.
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Un’azione sistematica e portata avanti con ogni mezzo. Il report denuncia, ad esempio, che nel periodo precedente alle elezioni di metà trimestre degli Stati Uniti, i giganti del petrolio e i relativi organismi industriali abbiano riservato un budget di 2 milioni di dollari per pubblicità mirate su Facebook e Instagram, promuovendo i benefici di una maggiore produzione di combustibili fossili. O ancora, BP ha donato 13 milioni a una campagna, supportata anche da Chevron, che è riuscita a bloccare l’istituzione di una carbon tax nello stato di Washington.
Edward Collins, l’autore del rapporto, ha analizzato la spesa aziendale per attività di lobbying, briefing e pubblicità valutando quale percentuale fosse dedicata alle questioni climatiche. “Il marchio climatico delle major petrolifere sembra sempre più vuoto così come la loro credibilità. Sostengono pubblicamente l’azione contro i cambiamenti climatici mentre fanno pressione contro politiche vincolanti. Sostengono soluzioni a basse emissioni di carbonio, ma tali investimenti sono sminuiti dalla spesa per espandere le loro attività nel settore dei combustibili fossili”.
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