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Una innovativa batteria di flusso al ferro

I ricercatori del Pacific Northwest National Laboratory hanno realizzato una nuova flow-battery acquosa a base di ferro, usando un ingrediente impiegato come anticorrosivo negli impianti di trattamento delle acque reflue

batteria di flusso al ferro
L’autore principale e ricercatore Gabriel Nambafu assembla un apparato per batterie a flusso sperimentali. (Foto di Andrea Starr | Laboratorio nazionale del Pacifico nordoccidentale)

Una batteria di flusso al ferro dalla lunga vita

(Rinnovabili) – Esistono dagli anni ’80, ma il loro commercio è ancora estremamente di nicchia. Parliamo delle batterie di flusso al ferro, tecnologia di accumulo energetico che sfrutta le coppie redox Fe/Fe(II) e Fe(II)/Fe(III) rispettivamente per l’anolita e il catolita. Questa tecnologia ha il grande vantaggio di usare un materiale abbonamento, economico e non tossico. Di contro, a differenza, ad esempio, dalle flow battery al vanadio, la potenza e la capacità non sono completamente disaccoppiate e pone alcune sfide come la durata limitata.

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Un nuovo passo avanti in questo segmento arriva oggi da alcuni ricercatori del Pacific Northwest National Laboratory (PNNL) e del’Università di Akron, negli Stati Uniti. Gli scienziati hanno impiegato un promettente complesso metallo-organico per realizzare una innovativa batteria di flusso a base di ferro. Sebbene il dispositivo sia ancora in scala di laboratorio, ha mostrato una notevole stabilità ciclica per oltre mille cariche e scariche consecutive, pur mantenendo il 98,7% della sua capacità massima. Per fare un confronto, studi precedenti su simili batterie avevano riportato un degrado della capacità di carica di due ordini di grandezza maggiore, con un minor numero di cicli.

Dai depuratori all’accumulo

Ciò che rende diversa la nuova flow battery è che immagazzina energia in una formula chimica liquida unica combinando il ferro caricato con un elettrolita liquido a base di fosfato a pH neutro. Tale sostanza chimica, chiamata trifosfonato azotato o NTMPA, è disponibile in commercio in quantità industriali perché viene generalmente utilizzata per inibire la corrosione negli impianti di trattamento delle acque.

“Una struttura BESS (sistema di accumulo a batteria) che utilizza una chimica simile a quella che abbiamo sviluppato qui avrebbe il vantaggio di operare in acqua a pH neutro”, ha affermato Aaron Hollas, autore dello studio e team leader del Battery Materials and Systems Group del PNNL. “Inoltre, il nostro sistema utilizza reagenti disponibili in commercio che non sono stati precedentemente studiati per l’uso nelle batterie a flusso.”

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Il gruppo di ricerca ha riferito che il loro progetto iniziale può raggiungere una densità energetica di 9 Wh/L. In confronto, i sistemi commercializzati a base di vanadio hanno una densità energetica più che doppia, pari a 25 Wh/L. Il prossimo passo del gruppo? Migliorare le prestazioni della batteria concentrandosi su aspetti come la tensione in uscita e la concentrazione dell’elettrolito, per incrementare la densità energetica. La ricerca è apparsa su Nature Communications.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.