(Rinnovabili.it) – Si è da poco conclusa la COP 21, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite, con un accordo globale che indirizza il pianeta verso una transizione energetica. Le rinnovabili giocheranno un ruolo centrale nei prossimi anni per accelerare la progressiva de carbonizzazione dell’economia, ridurre le emissioni climalteranti e creare lavoro sui territori. Sembrano dunque aprirsi prospettive per il futuro, sulle quali abbiamo chiesto l’opinione di Agostino Re Rebaudengo, presidente di assoRinnovabili.
Presidente, Il World Resources Institute stima che, grazie agli obiettivi presentati alla COP 21, nei piani climatici delle otto maggiori economie mondiali il contributo delle fonti rinnovabili raddoppierà entro il 2030: ovvero cresceranno molto più di quanto previsto finora. E’ concorde con questa visione? Si poteva fare ancora di più?
Se si vogliono raggiungere gli obiettivi della COP21, il ruolo delle energie rinnovabili appare essenziale. Già oggi le energie rinnovabili sono competitive nei confronti delle fonti fossili, se si considerano le c.d. esternalità, cioè i costi relativi alle emissioni di CO2, per l’inquinamento e per la salute. Peraltro, già nel 2014 il World Energy Outlook della IEA stimava che il consumo di energie rinnovabili nel mondo sarebbe più che raddoppiato nel 2040. La principale barriera per lo sviluppo di queste tecnologie su scala globale risulta essere di natura politica e, in questo, l’accordo raggiunto dalla COP21 potrebbe fare la differenza, a patto che ci sia davvero l’intenzione di raggiungere gli obiettivi definiti. Comunque alla sua domanda “Si poteva fare ancora di più?” rispondo senza esitazione: “Sì, si poteva fare di più, soprattutto per quanto riguarda l’obbligatorietà e il serio controllo del lavoro di ciascuno Stato”.
Alla COP21 le energie rinnovabili hanno rivestito un ruolo centrale: citate continuamente e al centro di grandi promesse (sto pensando, ad esempio, agli oltre mille sindaci che si sono impegnati ad alimentare le rispettive città solo con energia pulita al 2050). Non hanno trovato, però, uno spazio ufficiale all’interno del testo base. Quale sarebbe stato a suo giudizio il giusto (e realizzabile) impegno sul fronte delle green energy da inserire nell’accordo sul clima del 2020?
Nei prossimi anni, in un contesto in cui i Paesi in via di sviluppo cresceranno a ritmi elevati, il mondo sarà sempre più affamato di energia. Se si vuole coniugare crescita economica e riduzione delle emissioni di gas serra, è necessario promuovere e sostenere esplicitamente, anche a livello politico, le fonti rinnovabili, le uniche in grado di soddisfare entrambi questi obiettivi. Un più chiaro riferimento all’obbligatorietà di utilizzare fonti green sarebbe stato non solo auspicabile ma necessario, anche per i Paesi in via di sviluppo e le isole, in cui le energie rinnovabili possono e devono avere un ruolo da protagoniste.
Qual è il suo giudizio personale e, se già esplicitato, quello di assoRinnovabili, sui risultati della COP21?
Dal punto di vista ambientale, è chiaro che se gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra vengono sostenuti a livello locale e non globale, come nel caso dell’Unione Europea negli ultimi anni, i risultati saranno modesti. Ricordo che è stato prodotto da assoRinnovabili un documento in cui vi sono tre proposte concrete, affinché anche le più stringenti norme europee sulle emissioni di CO2 inneschino un meccanismo virtuoso a livello globale. Se la conferenza invece si tradurrà effettivamente in azioni diffuse a livello mondiale, i risultati potranno essere veramente notevoli. Dal punto di vista delle fonti rinnovabili, la COP21 rappresenta un’occasione storica per dare una spinta vera ad un settore che è già in crescita a livello globale, ma che per scelte del Governo si è quasi del tutto bloccato nel nostro Paese. Le fonti rinnovabili hanno infatti bisogno di un sostegno coerente nel tempo e di norme certe. Auspichiamo, quindi, che i risultati della COP21 siano di stimolo a implementare queste condizioni anche in Italia.
Negli ultimi anni i vari governi italiani hanno assestato una serie di colpi bassi alle rinnovabili nazionali, quali sono oggi i maggiori ostacoli che il comparto deve affrontare e cosa bisogna aspettarci per il futuro del settore a medio termine?
Come già detto, il settore necessita di coerenza e regole certe. Al contrario, le recenti misure introdotte dal Legislatore e dal Governo hanno illegittimamente modificato e con efficacia retroattiva i rapporti incentivanti in essere, pregiudicando seriamente gli interessi economici del settore e contribuendo a generare sfiducia negli operatori nazionalied esteri, proprio il contrario del messaggio della COP21. Le fonti rinnovabili ormai rivestono un peso tale da non poter più venire ignorate dalle forze economiche e politiche. In Italia, se non cambieranno le attuali e recenti regole, lo sviluppo sarà bassissimo e potremmo addirittura assistere all’abbandono degli impianti realizzati quando terminerà il periodo di incentivazione, non avendo di fatto nessun produttore aderito al c.d. “Spalma Incentivi volontario”.
Lei è anche presidente di un importante gruppo industriale, Asja Ambiente Italia. Come vive l’azienda da lei diretta questa particolare fase del mercato nazionale e quali strategie adotterà nel breve?
Il mercato nazionale appare in stallo, nell’attesa del nuovo decreto sull’incentivazione delle fonti rinnovabili per il 2016. A livello aziendale, stiamo diversificando le nostre linee di business, siamo entrati nel settore della micro-cogenerazione con TOTEM ENERGY,settore importante nell’efficienza energetica di tantissime realtà artigianali, industriali e commerciali. Anche il settore del biometano è potenzialmente promettente, ma non decolla a causa di un quadro normativo e regolatorio ancora incompleto, a distanza di oltre 4 anni dal D. Lgs. 28/2011 che ne aveva fissato le prime regole. Tale ingiustificato ritardo impedisce la valorizzazione di una risorsa già diffusa nel nostro Paese, il cui sfruttamento porterebbe innegabili vantaggi ambientali ed economici.
Attualmente qual è la tecnologia più promettente, tra le rinnovabili, dal un punto di vista del ritorno economico?
La risposta, nel caso italiano, dipende anche dal prossimo decreto sugli incentivi e dalle scelte del legislatore a riguardo. Se non consideriamo il supporto dello Stato, direi che l’eolico, ma anche il fotovoltaico, sono tecnologie diventate molto competitive, oltretutto con ulteriori margini di miglioramento. Occorre però che i costi della burocrazia non le rendano inapplicabili.
Infine, presidente, qual è il suo sogno nel cassetto sul futuro delle rinnovabili italiane?
Per il futuro, vorrei vedere realizzato quel salto culturale che ci porterà a sviluppare e applicare le tecnologie in base alla loro sostenibilità, dove le rinnovabili, l’efficienza e il risparmio energetico saranno abitudini radicate e non comportamenti estemporanei per fronteggiare un’emergenza. Le energie rinnovabili sono la parte virtuosa del nostro mix energetico, e non un peso per il Paese.