Gli impatti sull’energia derivati dalla gestione delle acque reflue urbane e rurali
(Rinnovabili.it) – Il settore energetico mondiale deve prestare attenzione alla crisi globale dei servizi igienico –sanitari. E non solo perché rappresenta un attore fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo di sviluppo sostenibile dedicato all’acqua (SDG6). Come spiega la IEA nel suo ultimo World Energy Outlook, energia e acqua sono due temi collegati in maniera molteplice e profonda e la gestione delle acque reflue non fa eccezione. L’attuale settore idrico, che comprende la raccolta e il trattamento dei reflui, rappresenta il 4% del consumo totale di elettricità a livello mondiale. La sola attività di depurazione è responsabile di circa un quarto del consumo elettrico del comparto.
Se si riuscisse a rispondere alle necessità di quei 4,5 miliardi di popolazione in tutto il mondo che non hanno ancora accesso a servizi igienico-sanitari sicuri (quasi la metà di queste persone vive in città), inevitabilmente la domanda energetica mondiale aumenterebbe. Attualmente infatti le attività di trattamento delle acque nere sono limitate al 20% del totale prodotto a livello mondiale.
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Riuscire a garantire servizi efficienti comporta una sfida che, secondo la IEA, deve essere affrontata con largo anticipo. Al livello di gestione delle acque reflue urbane, l’Agenzia individua tre possibili scenari che cambiano a seconda dell’impegno, politico e tecnologico, profuso nel settore. Se le città dovessero continuare con il business as usual, il consumo di elettricità potrebbe aumentare di oltre 680 TWh da oggi al 2030. Impiegando invece una serie di tecnologie di efficienza energetica in tutti i nuovi impianti di trattamento, l’aumento della domanda elettrica potrebbe essere ridotto di circa il 10%. Una terza possibilità è quella di costruire strutture energeticamente neutre o addirittura “positive”. In questo percorso, il consumo di elettricità aumenterebbe a meno di 460 TWh grazie a interventi come il recupero di energia attraverso la produzione di biogas e/o unità cogenerative ad alta efficienza. “Migliorare l’efficienza dei processi e sfruttare l’energia incorporata nelle acque reflue non avverrà da sola – avverte la IEA. “Sono necessari finanziamenti adeguati, norme sulla qualità dell’acqua, meccanismi di determinazione dei prezzi idrici ed elettrici e lo sviluppo di infrastrutture per il gas naturale in modo che le utenze possano immettere in rete l’eccesso di biogas”.
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Per la gestione delle acque reflue rurali, l’Agenzia raccomanda invece soluzioni decentralizzate che integrino la produzione energetica. “Usare i digestori anaerobici per generare biogas dai rifiuti raccolti e consumare questo biogas per il fabbisogno delle famiglie potrebbe ridurre l’inquinamento indoor, aiutare a prevenire la deforestazione, risparmiare tempo, soprattutto per le donne, nel raccogliere biomassa solida e contribuire al raggiungimento dell’SDG 7.1.2”.