di Paolo Travisi
L’innovazione spinge sul pedale della sostenibilità. In tempi in cui l’energy storage è divenuto cruciale per non disperdere l’energia prodotta da fonti rinnovabili, un nutrito gruppo di ricerca del Cnr, ha sviluppato un dispositivo altamente innovativo, puntando sulla combinazione di materiali diversi e di derivazione biologica, proprio per lo stoccaggio di energia. Si tratta del prototipo di un supercondensatore sostenibile, realizzato con nuovi elettrodi compositi, fatti in parte di carbonio ed in parte di bio-polimeri.
Un supercondensatore sostenibile e 100% italiano
Un device in cui l’innovazione parla 100% italiano, che ci porta in Puglia, dove è stato assegnato il premio Apulian Sustainable Innovation Award 2024, ad un gruppo nutrito di ricercatori dell’istituto di nanotecnologia di Bari (Cnr-Nanotec) e dell’istituto per i processi chimico fisici (Cnr-Ipcf), che hanno concepito il prototipo nei laboratori del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari, premiato come miglior prodotto ecosostenibile dell’anno.
Un supercondensatore è un componente elettronico che permette di accumulare grandi quantità di energia, utilizzando un doppio strato elettrochimico (EDL), nell’ordine delle migliaia di volte superiore rispetto a un condensatore tradizionale. Contrariamente al lento processo chimico che le batterie utilizzano per generare energia, i supercondensatori hanno tempi di carica molto rapidi, da 1 a 10 secondi e sono caratterizzati da potenze e tempi di vita fino a 10 volte quelli delle batterie.
Materiali innovativi a base di bio-polimeri e senza metallo
“Il nostro dispositivo vuole sostituire i fogli metallici nei dispositivi di accumulo di energia, come le batterie o, nel caso più specifico dei supercondensatori, dispositivi molto simili alle batterie sia concettualmente che come fabbricazione, ma che a differenza delle batterie possono immagazzinare molta meno energia, però si caricano e scaricano più velocemente”, ha dichiarato Chiara Mongiovì, ricercatrice rientrata in Italia dalla Francia, che ha coordinato e guidato il team di sviluppo.
Solitamente, i due elettrodi del supercapacitor convenzionale sono fatti di alluminio ricoperti da carbone attivo, mentre il prototipo di supercondensatore sostenibile del CNR è realizzato con un materiale composito di carbonio e di polimeri di origine biologica, in grado di sostituire collettori di corrente metallici, come l’alluminio per l’appunto, nel design delle celle. “Nella produzione attuale il materiale attivo è come se venisse spalmato su questi fogli metallici di alluminio e questo implica l’utilizzo di solventi organici, per esempio composti fluorurati. Noi invece abbiamo sviluppato un materiale alternativo all’alluminio, in cui il materiale attivo viene spalmato su un supporto fatto di bio-polimeri e carbonio, ma non c’è più metallo”, spiega Mongiovì.
Applicazioni come accumulo stazionario in rete e nella mobilità
L’alta innovazione del progetto ha spinto i ricercatori a depositare una domanda di brevetto per la formulazione e l’applicazione di questi elettrodi ed allo stesso tempo, sta portando avanti l’idea di costituire una startup entro l’anno per arrivare al mercato. “Il nostro prototipo di supercondensatore a doppio strato si può ricaricare nell’ordine di secondi/minuti, contro le ore necessarie per uno convenzionale e può essere utilizzato in modo complementare alle batterie. Per quanto riguarda le applicazioni può essere usato nell’accumulo stazionario nella rete, per picchi di energia, cioè in tutti quesi casi dove serve un’alta potenza di carica e di scarica e nel campo della mobilità, nelle accelerazioni e nei sitemi di frenata“.
Fabbricazione a base di acqua e senza solventi
L’Apulian Sustainable Innovation Award 2024 guadagnato ha premiato anche la sostenibilità del progetto per quanto riguarda il processo di fabbricazione a base di acqua “perché si eliminano completamente i solventi che vengono convenzionalmente utilizzati per realizzare questi elettrodi per i quali si utilizzano dei leganti di diversa natura. Quelli convenzionalmente usati sono a base di fluoro, anche se in questo momento c’è una regolamentazione europea per eliminare i composti fluorurati, mentre il nostro prototipo si inserisce in questo filone di ricerca avanzata che sostituisce ai composti fluorurati dei biomateriali solubili in acqua e leganti naturali”, conclude Chiara Mongiovì.