La batteria ricaricabile commestibile e Made in Italy
(Rinnovabili.it) – Acqua, un po’ di vitamine, estratto di capperi, alga nori, un “pizzico” di carbone attivo e oro alimentare q.b. Questa la ricetta tutta italiana della batteria ricaricabile commestibile, la prima mai realizzata al mondo. Il progetto è frutto dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Milano e dà una preziosa mano al settore nascente dell’elettronica edibile.
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L’importanza dell’elettronica edibile
Di cosa si tratta? Di una branca tecnologica che si sta facendo strada soprattutto in ambito sanitario, offrendo un’alternativa ai tradizionali e invasivi strumenti diagnostici del tratto gastrointestinale. Ma le potenzialità sono ben più ampie. Rendere commestibili sensori e circuiti significa spalancare le porte a nuovi dispositivi per il monitoraggio della qualità alimentare o la somministrazione delle terapie. Il problema principale in questo campo è che, per essere sicuri, i dispositivi devono non solo essere composti da materiali digeribili ma anche poter contare su una fonte di alimentazione affidabile e altrettanto commestibile. Studi e ricerche in questo senso non mancano e negli anni sono stati valutati supercondensatori e fuel cell edibili da impiegare a questo scopo, ma con risultati ben poco soddisfacenti.
Una nuova ed entusiasmante promessa arriva oggi dalla prima batteria ricaricabile commestibile, creata dal team di Mario Caironi dell’ITT. Il dispositivo può contare non solo su ingredienti tratti dalla gastronomia internazionale ma anche su prestazioni di livello in grado di aprire le porte a nuove applicazioni elettroniche.
La ricetta della batteria ricaricabile commestibile dell’ITT di Milano
Il lavoro di Caironi e colleghi ha tratto ispirazione dagli organismi viventi che utilizzano cofattori di ossidoriduzione per il trasporto di elettroni nelle cellule, determinando l’immagazzinamento dell’energia. Gli scienziati hanno individuato delle coppie redox naturali e non dannose per l’organismo da impiegare nella batteria, sfruttando additivi e ingredienti alimentari. Nel dettaglio, i dispositivi dell’ITT possiedono riboflavina, meglio nota come vitamina B2, che agisce da anodo e quercetina (una sostanza presente in mandorle e capperi) come catodo. Gli elettrodi sono stati incapsulati in cera d’api da cui escono, a partire da un supporto in E 462 (un additivo alimentare), due contatti in oro alimentare.
Per aumentare la conducibilità elettrica il team ha impiegato il carbone attivo, mentre l’elettrolita del prototipo realizzato è a base d’acqua. Il separatore della batteria è stato ottenuto invece da alghe nori.
I test
I primi test hanno mostrato la cella funzionare a 0,65 V – una tensione sufficientemente bassa da non creare problemi al corpo umano se ingerita – sostenendo una corrente di 48 µA per 12 minuti. O pochi microampere per più di un’ora. “I potenziali utilizzi futuri – sottolinea Caironi, coordinatore del Printed and Molecular Electronics Laboratory al Centro di IIT a Milano – includono circuiti e sensori commestibili, in grado di monitorare le condizioni di salute ma anche lo stato di conservazione degli alimenti. Inoltre, dato l’alto livello di sicurezza di queste batterie, queste tecnologie potrebbero essere utilizzate anche nell’ambito dei giocattoli per i bambini più piccoli, dove il rischio di ingestione è elevato. In realtà, già ora stiamo già sviluppando dispositivi con maggiore capacità e dimensioni ridotte”.
La ricerca è stata pubblicata su Advanced Materials (testo in inglese).