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Così gli incentivi USA mettono a rischio le gigafactory europee (e italiane)

L'ondata di sussidi lanciata dall'Inflation Reduction Act statunitense potrebbe ritardare o cancellare due terzi della prevista produzione di batterie nell'Unione Europea

gigafactory europee
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 La nuova analisi di Transport & Environment sull’attrattività delle Gigafactory europee

(Rinnovabili.it) – L’Inflation Reduction Act (IRA), il gigantesco piano da 369 miliardi di dollari del governo Biden potrebbe rilanciare l’energia pulita americana ma anche affossare quella comunitaria. Un rischio oramai sotto gli occhi di molti, istituzioni europee comprese, e che trova oggi una nuova conferma. Secondo l’analisi di Transport & Environment gli incentivi stelle e strisce potrebbero avere un impatto diretto sulle future gigafactory europee di batterie. Facendo saltare o ritardare fino a due terzi della produzione pianificata nel Blocco e nel Regno Unito. I sussidi concessi dall’IRA al settore dell’energy storage sono, infatti, così allettanti da non poter essere trascurati da chi oggi si trova a pianificare investimenti nella produzione di batterie.

Il caso Italvolt

Il rapporto cita un caso abbastanza emblematico che riguarda proprio l’Italia: il progetto Italvolt per la gigafactory nella ex fabbrica Olivetti di Scarmagno, vicino Torino. L’iniziativa dovrebbe realizzare una delle più grandi fabbriche di batterie a ioni di litio del Vecchio Continente, con una produzione, a regime, pari a 45 GWh. Ma al momento sullo stabilimento persistono incertezze in merito ai finanziamenti e ai permessi necessari, a cui si sono aggiunti anche problemi di approvvigionamento energetico. La rete del sito non sarebbe in grado, a detta dell’azienda, di garantire il fabbisogno della fabbrica. Secondo T&E il progetto rischia nel migliore dei casi di subire ritardi o di essere addirittura ridimensionato a favore del progetto Statevolt in California. 

Purtroppo non si tratta di un caso isolato. L’associazione ambientalista ha analizzato la situazione delle 50 gigafactory europee pianificate, valutandone la solidità finanziaria, lo status autorizzativo e la definizione del sito. E prendendo in considerazione anche l’eventuale presenza di legami tra le aziende sviluppatrici e gli Stati Uniti. Il risultato?  Il 68% della capacità produttiva di batterie agli ioni di litio prevista per i prossimi anni, pari a circa 1,2 TWh, risulta ad alto o medio rischio di interruzione o delocalizzazione. Oltre all’Italia, a rischiare maggiormente sono i progetti di Germania, Ungheria, Spagna e persino del Regno Unito dove il fallimento della Britishvolt ha fatto scuola.

Calano gli investimenti europei

D’altra parte i dati pubblicati nei giorni scorsi da BloombergNEF lasciano poco all’interpretazione: la fetta europea di nuovi investimenti nella produzione di batterie agli ioni di litio sul totale mondiale è passata dal 41% del 2021 a soli il 2% del 2022. Contemporaneamente, la spesa statunitense e cinese nell’accumulo elettrochimico ha registrato nuovi picchi.

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 “I piani industriali per la produzione di batterie nella UE sono sotto il fuoco incrociato di Stati Uniti e Cina”, dichiara Carlo Tritto, Policy Officer di T&E Italia. “Per competere efficacemente, l’Unione Europea deve dotarsi subito di una politica industriale verde incentrata sulle batterie, fornendo un robusto sostegno per aumentarne i volumi di produzione. Il Continente, insomma, è chiamato a reagire alle politiche protezionistiche americane e al dominio cinese degli ultimi anni per ritagliarsi un ruolo da leader in questo settore strategico. In caso contrario si rischia di accumulare un ritardo che potrebbe tradursi in una pesante sconfitta industriale”.