Un team di scienziati ha riassunto i recenti progressi nel campo delle batterie allo stato solido "anode-free", individuando le lacune ancora presenti nella ricerca e facendo luce su elementi in grado di migliorarne le prestazioni
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Batterie allo stato solido anode-free, a che punto siamo?
Sono l’ultima frontiera dell’accumulo elettrochimico e promettono di portare sul mercato una maggiore densità di potenza e facilità di produzione, a costi più contenuti di quelli attuali. Parliamo delle batterie allo stato solido senza anodo, tecnologia all’avanguardia in grado di superare le unità a ioni di litio convenzionali. Ma non prima di aver risolto delle sfide fondamentali.
Negli Stati Uniti un team di scienziati del Mechano-Chemical Understanding of Solid Ion Conductors (MUSIC) guidato da Kelsey Hatzell, professoressa associata di ingegneria meccanica e aerospaziale della Princeton University, ha messo assieme una serie di scoperte ed intuizioni che potrebbero contribuire a superare gli attuali problemi.
Il lavoro del centro di ricerca MUSIC
“Le batterie allo stato solido possono rivoluzionare la tecnologia di accumulo di energia, ma una sfida significativa è sviluppare un processo per produrle su larga scala”, ha affermato l’esperto di accumulo di energia Jeff Sakamoto, direttore di MUSIC. “Il lavoro di Hatzell sta svolgendo un ruolo importante nel migliorare il processo di produzione allo stato solido e il suo lavoro con MUSIC è un esempio di come gli approcci di ricerca integrati possano aiutare a superare sfide complesse e multidisciplinari”.
La scienziata, assieme ad un nutrito gruppo di colleghi, ha esaminato lo stato attuale delle batterie allo stato solido senza anodo in un articolo pubblicato il 2 gennaio su Nature Materials, riassumendo i recenti progressi e individuando le lacune ancora presenti nella ricerca. E nel contempo ha lavorato ad altri due progetti di ricerca, individuando quali fattori influenzano il contatto tra l’elettrolita e il collettore di corrente in questa tecnologia e come ottenere contatto uniforme. Ma andiamo con ordine.
Batterie allo stato solido senza anodo, cosa sono?
Le batterie allo stato solido senza anodo, chiamate anche batterie senza riserva di litio (lithium reservoir-free), sono unità elettrochimiche che non contengono materiale attivo all’elettrodo negativo al momento della fabbricazione. E’ il materiale attivo del catodo (elettrodo positivo) a sopperire a questa mancanza.
Nel dettaglio durante la carica, gli ioni di litio escono dalla struttura del catodo (deintercalazione) e fluiscono direttamente al collettore di corrente all’estremità opposta della batteria. Sulla superficie di quest’ultimo formano una sottile placca metallica che funge da elettrodo. Durante la scarica, l’elettrodo metallico di litio viene rimosso.
Questa architettura anode-free comporta diversi vantaggi, a cominciare dalla significativa riduzione del volume dell’anodo (che si forma nella carica) consentendo densità di energia più elevate e volumi complessivi più compatti.
Non solo. Le batterie allo stato solido senza riserva di litio semplificano il processo produttivo eliminando la difficoltà di dover produrre industrialmente anodi in litio metallico estremamente sottili (<25 μm).
Un contatto uniforme tra l’elettrolita e il collettore di corrente
Nonostante questi vantaggi, diverse sfide tecniche ostacolo ancora il percorso di queste batterie verso il mercato. Una di queste è la capacità di garantire un buon contatto tra l’elettrolita solido e il collettore di corrente. Questo elemento appare fondamentale perché gli ioni attraversino l’elettrolita, si depositino uniformemente sul collettore di corrente quando in fase di carica e si stacchino altrettanto quando scarica.
Hatzell e colleghi hanno dimostrato che è possibile ottenere una placcatura e una rimozione degli ioni più uniformi applicando un sottile rivestimento tra questi due elementi. La ricerca si è concentrata sull’uso di interstrati come rivestimenti specifici, composti da nanoparticelle di carbonio e argento.
Studiandone struttura e composizione, i ricercatori hanno scoperto che l’argento forma leghe con gli ioni, facilitando una placcatura e rimozione uniforme. A patto d’avere la giusta dimensione. Gli interstrati con particelle d’argento più grandi, da 200 nanometri, formano infatti strutture metalliche sottili e irregolari sul collettore di corrente. Rendendo la batteria allo stato solido senza anodo meno prestante e più suscettibile a guasti
Gli interstrati con particelle d’argento più piccole, da 50 nanometri, supportano invece strutture più dense e uniformi. Dando vita a batterie con maggiore stabilità e maggiore potenza in uscita. I risultati di questa indagine forniscono una guida per la progettazione di tali rivestimenti e per le condizioni operative ottimali delle batterie. La ricerca è stata pubblicata su Advanced Energy Materials.
Le prossime sfide
Nonostante il successo a livello di laboratorio, riuscire a scalare questa tecnica e incorporarla nei processi industriali non è cosa semplice. Il team rimane tuttavia molto fiducioso, visto anche il crescente interesse nel campo delle “solid battery”.
“La sfida sarà passare dalla ricerca al mondo reale in pochi anni”, ha affermato Hatzell. “Spero che il lavoro svolto presso MUSIC sostenga lo sviluppo e l’implementazione di queste batterie di prossima generazione su una scala significativamente ampia”.