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Un nuovo cuore per le batterie di flusso redox

I ricercatori del Fraunhofer UMSICHT hanno completamente ridisegnato lo stack, ottenendo una massiccia riduzione dei materiali impiegati e dei costi annessi. Un risultato che gli è valso il Premio Joseph von Fraunhofer

batterie di flusso redox
Credits: © Fraunhofer / Piotr Banczerowski

Le batterie di flusso redox sono pronte per il mercato di massa?

(Rinnovabili.it) – Le batterie di flusso redox offrono interessanti vantaggi per l’accumulo energetico. Possiedono una lunga vita, ottima stabilità del ciclo di carica e scarica, un layout flessibile e non hanno bisogno di livellare la carica. Inoltre non utilizzano materiali critici e i loro elettroliti possono essere completamente recuperati. Ad oggi, tuttavia, continuano ad essere troppo costose per il mercato di massa. La causa è la complicata architettura di questi dispositivi che richiede un’infinità di componenti, l’utilizzo di pompe, unità di controllo, sensori e vasche di contenimento. 

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Per rendere il prodotto più “abbordabile”, i ricercatori del Fraunhofer Institute for Environmental, Safety and Energy Technology (UMSICHT) hanno messo mano al design tradizionale. Per la precisione hanno completamente ridisegnato lo stack, ossia il comparto dove avviene la reazione di ossido-riduzione, costituito da celle disposte in serie. Il team ha inventato un nuovo modo per produrre i componenti interni; un nuovo processo con un impatto significativo sulle batterie a flusso redox. “Lo stack che è stato sviluppato […] è del 40% più conveniente in termini di costi dei materiali. Anche i costi di produzione sono stati notevolmente ridotti. La pila pesa l’80% in meno di una pila convenzionale e vanta appena la metà delle dimensioni”, afferma il prof. Christian Doetsch.

Gli stack, di solito, comprendono 160 componenti impilati, tenuti assieme da un gran numero di viti e piastre metalliche. Alcuni di questi sono stampati a iniezione, processo che gli conferisce una certa fragilità. Per evitare il problema, il team di ricercatori ha cambiato approccio. Il lavoro ha impiegato plastica sotto forma di pellet. Questa è stata prima raffreddata a temperature fino a meno 80 gradi, quindi macinata in polvere e miscelata con l’80% in peso di grafite. La polvere è stata inserita in un sistema a rulli, riscaldati a temperature diverse e che si muovono a velocità diverse, fino ad ottenere una sfoglia sottile. “Questo conferisce al nuovo materiale proprietà termoplastiche. Quindi è flessibile e può essere saldato anche se solo il 20% è plastica”, spiega Lukas Kopietz.

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Il nuovo stack non utilizza guarnizioni di alcun tipo né viti: le celle vengono semplicemente saldate insieme. La ricerca è valsa agli scienziati del Fraunhofer UMSICHT il Premio Joseph von Fraunhofer.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.