Un gruppo di ricercatori ha prodotto un materiale anodico di alta qualità sfruttando la Heracleum sosnowskyi, pianta tossica e altamente invasiva
Aumentate le biomasse sfruttabili per le nuove batterie al sodio
(Rinnovabili.it) – E se la nuova generazione di batterie ricaricabili fosse realizzata sfruttando erbe velenose e infestanti? Un’impresa su cui si sta cimentando un gruppo di ricercatori russi della Lomonosov Moscow State University e della Skoltech. Gli scienziati hanno utilizzato una pianta tossica diffusa nel paese per creare un materiale anodico di alta qualità per le batterie al sodio.
Parliamo della Heracleum sosnowskyi, chiamata anche panace di Sosnowski, specie somigliante alla lontana all’aneto e all’angelica (a cui è imparentata) e originariamente importata nella Russia centrale dal Caucaso come coltura sperimentale da foraggio. La pianta è invasiva e la situazione è velocemente sfuggita di mano, al punto che secondo i ricercatori della Skoltech, oggi minaccia di diffondersi in tutta la parte europea del paese entro la metà del 21° secolo. Portando con sé un problema sia per la sicurezza umana che per la biodiversità.
A differenza delle sue lontane cugine, infatti, la Heracleum sosnowskyi è estremamente velenosa. In combinazione con la luce solare può determinare gravi infiammazioni della pelle, tali da richiedere anche il ricovero ospedaliero. Non solo. La pianta tende a formare facilmente popolamenti densi e, a causa della sua grandezza, impedisce al sole di raggiungere la vegetazione sottostante. In Italia è presente una specie molto simile e ugualmente problematica, chiamata Pànace di Mantegazza o panace gigante, tutt’oggi oggetto di campagne nazionali di rimozione attiva.
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Il team russo ha voluto trasformare il problema in risorsa. “Abbiamo pensato, che sarebbe stato divertente prendere qualcosa di così brutto e discutibile come il panace e ricavarne qualcosa di utile”, ha commentato la coautrice dello studio Zoya Bobyleva. “Il vantaggio dei materiali a base di carbonio duro, utilizzati negli anodi delle batterie al sodio, è che puoi ricavarli da biomassa praticamente di qualsiasi origine. Nessuno ha mai considerato il panace prima. Ma si è rivelato abbastanza buono”.
Primi risultati importanti
Il carbonio duro prodotto a partire dalla pianta velenosa ha mostrato un’efficienza coulombica dell’87%, valore pari con i migliori risultati riportati per i carboni duri sintetizzati da altre materie prime. Questa dato mostra la capacità dei materiali di immagazzinare energia senza sprecarla in processi secondari irreversibili che danneggiano effettivamente la batteria. Per quanto riguarda la capacità di accumulo, a circa 260 mAh/g, il materiale non risulta ancora all’altezza delle migliori prodotti (ossia circa 300 mAh/g), ma offre un ottimo inizio.
“Gli esemplari raccolti in estate – spiega Bobyleva – si sono rivelati migliori in termini di efficienza coulombica del prodotto finale, che è la caratteristica che abbiamo sottolineato in questo studio, perché tende a essere il punto debole degli anodi in carbonio duro. Per quanto riguarda la capacità di accumulo di energia, ci sono modi con cui probabilmente possiamo migliorarla”. I risultati della ricerca sono apparsi su Batteries (testo in inglese).