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Batterie al litio: i catodi LFO ad alta capacità migliorano ancora

Un gruppo di ricercatori giapponesi ha migliorato la capacità energetica e il ciclo di carica-ricarica del Li5FeO4, promettente additivo catodico

catodi LFO
Foto di Vardan Papikyan su Unsplash

Verso batterie a ioni di litio ancora più capaci

Mentre una parte della ricerca sull’accumulo elettrochimico sta cercando nuove chimiche rivoluzionarie, un’altra parte del comparto continua a tentare di migliorare le tradizionali batterie al litio. Fa parte di questo schieramento anche il lavoro condotto da un team giapponese che ha migliorato ulteriormente le prestazioni dei catodi LFO (ossido di ferro e litio, Li5FeO4).

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Catodi LFO, candidati promettenti

Li5FeO4 è emerso negli ultimi anni come un promettente materiale per la chimica delle batterie a ioni di litio. Questo ossido ricco in litio vanta una capacità teorica notevolmente elevata di ben 867 mAh/g, ma rilascia i suoi ioni di litio in modo permanente, trasformandosi in un materiale inattivo una volta adempiuto al suo scopo. Caratteristiche che lo rendono un promettente additivo catodico. Inoltre grazie a dimensioni delle particelle molto simili a quelle dell’LFP (materiale catodico standard) può essere miscelato a quest’ultimo senza difficoltà. Il problema principale per la sua commercializzazione? Rilascia ossigeno durante la carica.

È qui che entra in gioco la ricerca condotta dagli scienziati dell’Università di Hokkaido, dell’Università di Tohoku e del Nagoya Institute of Technology. Nel 2023 lo stesso team aveva già lavorato sui catodi LFO ad alta capacità raggiungendo capacità reversibile di oltre 300 mAh/g. Oggi il gruppo torna sul materiale per migliorarlo ancora.

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Piccole “impurità” per migliorare il Li5FeO4

“Abbiamo ora scoperto che la ciclabilità potrebbe essere significativamente migliorata drogando la struttura cristallina del catodo con piccole quantità di elementi largamente disponibili come alluminio, silicio, fosforo e zolfo”, spiega il professore associato Hiroaki Kobayashi dell’Università di Hokkaido.

Alla base di questa ottimizzazione vi è la formazione di forti legami “covalenti” tra l’elemento drogante e gli atomi di ossigeno all’interno della struttura. Questi legami, sottolinea Kobayashi, rendono il problematico rilascio di ossigeno “meno favorevole dal punto di vista energetico e quindi meno probabile“. I ricercatori hanno effettuato un’analisi elettrochimica per quantificare i miglioramenti nella capacità energetica del catodo LFO, nella sua stabilità e nel ciclo, rilevando un aumento della ritenzione di capacità dal 50% al 90%. Per saperne di più consultare lo studio pubblicato su ACS Materials (testo in inglese).

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