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Nasce la prima batteria al diamante 14C che dura migliaia di anni

Scienziati e ingegneri dell'Autorità per l'energia atomica del Regno Unito (UKAEA) e dell'Università di Bristol hanno creato con successo la prima batteria al carbonio-14 al mondo

Nasce la prima batteria al diamante 14C che dura migliaia di anni
Debole radioluminescenza catturata da una telecamera a bassa intensità luminosa, dalla batteria a diamante. Credits: Università di Bristol

“I diamanti sono per sempre” titola un celebre romanzo di Ian Fleming della serie dedicata all’agente 007 e oggi il mondo della ricerca tenta di dimostrare la validità di questa affermazione anche in campo energetico. Un gruppo di scienziati dell’Università di Bristol e dell’UK Atomic Energy Authority (UKAEA) ha creato la prima batteria al diamante 14C in grado di durare migliaia di anni.

Di cosa si tratta? Di un dispositivo di accumulo che sfrutta il decadimento dell’isotopo radioattivo carbonio-14 per generare bassi livelli di energia. Ma che sarebbe così sicuro da poter essere impiegato in dispositivi medici come pacemaker, apparecchi acustici e persino impianti oculari. E al tempo stesso così resistente da non temere ambiente estremi come lo Spazio.

Prima di capire la porta della ricerca britannica, è necessario fare qualche passo indietro

Batteria al diamante, cosa è?

La batteria al diamante, chiamata anche “batteria nucleare“, non è altro che una cella betavoltaica che genera corrente elettrica dalla cinetica di particelle beta emesse da una sorgente radioattiva. La fonte delle beta in questo caso specifico è il Carbonio-14 (14C) in forma simile al diamante. 

Nel dettaglio quando il radiocarbonio decade trasformandosi in Azoto-14, emette una particella beta che non è altro che un elettrone ad alta energia e ad alta velocità. Questo va incontro a collisioni con altri atomi di carbonio generando a cascata elettroni a bassa energia che vengono raccolti dall’elettrodo esterno.

La batteria al diamante rappresenta un concetto a lungo cercato ma mai ottenuto nella realtà. Nonostante le celle betavotaiche siano state inventate negli anni ’70, infatti, l’uso del Carbonio-14 è stato a lungo precluso. Ad aprire la strada è stato un lavoro di ricerca del 2016 condotto sempre dall’Università di Bristol, grazie a cui è stata creata la prima batteria al nichel-63.

Oggi il lavoro dell’ateneo segna una tappa storica portando alla luce il primo prototipo con carbonio-14. “Questo nuovo tipo di batteria ha il potenziale di alimentare i dispositivi per migliaia di anni, diventando così una fonte di energia incredibilmente duratura”, si legge nella nota stampa condivisa dal Governo britannico.

Quanta energia genera la batteria al carbonio-14?

Per rispondere a questa domanda può essere utile spulciare il documento di FAQ pubblicato dall’Università di Bristol qualche tempo fa (e quindi suscettibile a nuovi aggiornamenti).

La batteria C14 raggiunga almeno 2 V di tensione e rispetto alla normale batteria alcalina AA dovrebbe fornire 15 J al giorno con 1 grammo di radioisotopo. Decisamente poco ma continuando a fornire lo stesso livello di potenza per 5.730 anni. Il volume approssimativo del prototipo è di 10 mm x 10 mm con uno spessore fino a 0,5 mm, esclusi i contatti metallici e il cablaggio.

Quanto sono sicure le batterie al diamante?

Per Sarah Clark, Direttore del Tritium Fuel Cycle presso UKAEA “le batterie al diamante offrono un modo sicuro e sostenibile per fornire livelli di potenza continui di microwatt”. La tecnologia “utilizza un diamante artificiale per racchiudere in modo sicuro piccole quantità di carbonio-14”. Le particelle beta possono essere facilmente fermate da pochi millimetri di schermatura e i dispositivi non emetterebbero radiazione pericolose. “La nostra tecnologia micropower può supportare un’ampia gamma di importanti applicazioni, dalle tecnologie spaziali e dispositivi di sicurezza fino agli impianti medici” ha commentato Tom Scott, professore di Materiali presso l’Università di Bristol.

E non sarebbe la prima volta che un dispositivo betavoltaico finisce in ambito medico. Negli anni ’70 le celle betavoltaiche basate sul promezio venivano usate in sicurezza nei pacemaker, prima di esser sostituite dalle più economiche batterie al litio.

Ovviamente la tecnologia nasce con un scopo ben preciso, che ha poco a che fare con la salute. La batteria al diamante costituisce un modo per riciclare i rifiuti delle centrali nucleari. “Incapsulando materiale radioattivo all’interno di diamanti, trasformiamo un problema a lungo termine di scorie nucleari in una batteria alimentata a energia nucleare e in una fornitura a lungo termine di energia pulita”, aveva spiegato il professor Scott qualche anno fa.

E come sottolinea la stessa UKAEA lo sviluppo odierno va considerato come un risultato, in parte, del lavoro sull’energia da fusione.

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