Un polimero organico e acqua contenente "derivati dal legno": così i ricercatori Università di Linköping stravolgono la ricetta delle batterie a flusso redox per renderle più ecologiche ed efficienti
La batteria di flusso organico Made in Sweden incrementa la densità energetica
(Rinnovabili.it) – Arriva dalla Svezia la nuova ricetta chimica della batteria di flusso organica, che manda in soffitta i metalli costosi.
I dispositivi di accumulo stazionario hanno fatto passi da gigante in termini di capacità efficienza e durata. Ma per la maggior parte delle soluzioni elettrochimiche oggi sul mercato, le materie prime impiegate rappresentano la nota dolente. Rari, costosi, tossici o addirittura legati allo sfruttamento umano, i materiali chiave delle batterie ricaricabili sono ancora una sfida aperta. Sfida che riguarda da vicino anche le Redox Flow Battery, unità ricaricabili composte da serbatoi contenenti gli elettroliti e una cella elettrochimica centrale dove farli confluire durante la fase di scarica (rilascio dell’elettricità).
Una delle più famose classi di batterie di flusso impiega il vanadio come elemento base dei propri elettroliti. La soluzione offre una densità di energia più bassa rispetto alla tecnologia a ioni di litio (circa 25-30 Wh/kg contro 110-160 Wh/kg) ma possiede comunque dei vantaggi interessanti. Ad esempio, è in grado di raggiungere capacità molto elevate che la rendono adatta a grossi impianti di stoccaggio energetico. Inoltre, la particolare architettura che contraddistingue queste batterie, le rende praticamente ricaricabili un numero illimitato di volte.
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Peccato che il vanadio sia un elemento raro e costoso. Per ovviare al problema, un gruppo di ricercatori dell’Università di Linköping, in Svezia, ha messo mano alla ricetta tradizionale per realizzare una nuova batteria di flusso organica. Il lato più sorprendente? Cambiando ingredienti, il team ha anche aumentato la densità energetica. Come spiegato nell’articolo su Advanced Functional Materials (testo in inglese), il ricercatore Mikhail Vagin e i suoi colleghi del Laboratorio di elettronica organica, non solo hanno prodotto un elettrolita a base d’acqua ma anche elettrodi in materiale organico. In questo modo è possibile realizzare batterie a flusso redox completamente organiche.
Nel dettaglio hanno impiegato il polimero conduttore PEDOT – opportunamente drogato per i trasporto degli ioni – e una soluzione di molecole di chinone. “I chinoni possono essere ottenuti dal legno, ma qui abbiamo usato la stessa molecola, insieme a diverse varianti del PEDOT. Risulta che sono altamente compatibili tra loro, il che è come un dono da parte del mondo naturale”, spiega Viktor Gueskine, primo autore della ricerca. L’elevata compatibilità significa che gli elettrodi in PEDOT aiutano le molecole di chinone a passare dal loro stato ossidato a quello ridotto e in questo modo creano un flusso di protoni ed elettroni.
“Normalmente è difficile controllare il processo ionico, ma in questo caso ci siamo riusciti”, aggiunge Vagin. “Sfruttiamo anche un fenomeno fondamentale all’interno dell’elettrocatalisi in cui uno speciale ione in soluzione […] viene convertito in elettricità. Il fenomeno è concettualizzato come elettrocatalisi ionoselettiva e probabilmente esiste in altri tipi di dispositivi di memorizzazione a membrana come batterie, celle a combustibile e supercondensatori, ma non è mai stato discusso in precedenza. Lo abbiamo mostrato per la prima volta nelle batterie a flusso redox”.
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