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Accumulo gravitazionale: le montagne diventano batterie a lungo termine

accumulo gravitazionale
Credit: Hunt J., Zakeri B., Falchetta G., Nascimento A., Wada Y. e Riahi K.

L’austriaco IIASA valuta il potenziale dell’accumulo gravitazionale “montano”

(Rinnovabili.it) – Sfruttare l’alta quota montana per realizzare “batterie a lungo termine” in grado fornire soluzioni di stoccaggio energetico a piccole comunità o aree isolate. Potrebbe destare qualche dubbio sotto il profilo ambientale, ma il sistema d’accumulo gravitazionale, studiato dall’austriaco IIASA – International Institute for Applied Systems Analysis, centra sulla carta un obiettivo importante per il futuro energetico. La diffusone delle fonti rinnovabili non programmabili richiede oggi soluzioni di stoccaggio integrate, che rispondano senza problemi alle diverse fasi temporali: nell’immediato (domanda di picco) entrano in gioco le batterie ricaricabili, mentre nella gestione dell’energia a termine sono più utili gli impianti idroelettrici a pompaggio. Se si tratta però di reti con una domanda ridotta, come quelle di piccole comunità remote o isole, la gestione elettrica sui lunghi periodi ha necessità specifiche che richiedono una tecnologia specifica.

Per l’IIASA, questa tecnologia prende il nome di Mountain Gravity Energy Storage (MGES). In uno studio pubblicato sulla rivista Energy (testo in inglese), i ricercatore Julian Hunt e i suoi colleghi dell’Istituto, spiegano come il MGES possa colmare il divario tra gli attuali impianti di storage a breve e lungo termine. L’accumulo gravitazionale “montano” consiste nel costruire un carroponte sul lato ripido di una montagna, con una portata sufficiente per trasportare sabbia (o ghiaia) da un sito di stoccaggio situato inferiormente ad una altro posto superiormente. Un motore sposta i carrelli di stoccaggio pieni di sabbia dal basso verso l’alto, sfruttando l’elettricità da immagazzinare. Il processo inverso, guidato solo dalla forza di gravità, permette invece di riconsegnare alla rete questa energia.

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“Uno dei vantaggi di questo sistema è che la sabbia è economica e, a differenza dell’acqua, non evapora, quindi non perdi mai energia potenziale e può essere riutilizzata innumerevoli volte. Ciò rende l’accumulo gravitazionale particolarmente interessante per le regioni aride”, osserva Hunt. “Inoltre, gli impianti a pompaggio sono limitati a un dislivello di 1.200 metri, a causa delle pressioni idrauliche troppo elevate che si genererebbero ad altezze superiori. Gli impianti MGES potrebbero avere dislivelli di oltre 5.000 metri. Le regioni con alte montagne, ad esempio l’Himalaya, le Alpi e le Montagne Rocciose, potrebbero quindi diventare importanti centri di accumulo dell’energia a lungo termine. Altre località interessanti per MGES sono isole, come le Hawaii, Capo Verde, Madeira e le isole del Pacifico con ripidi terreni montuosi”.

I ricercatori sottolineano che la tecnologia nasce con il preciso obiettivo di colmare il vuoto del mercato quando si tratta di stoccaggio a lungo termine per piccole reti e che dunque non sarebbe adatta alla generazione di picco o allo stoccaggio energetico nei cicli giornalieri. “È importante notare – aggiunge Hunt – che la tecnologia MGES non sostituisce le attuali opzioni di Energy storage, ma piuttosto apre nuovi modi per immagazzinare energia e sfruttare il potenziale non sfruttato nelle regioni con alte montagne”.

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