Un cerotto invisibile per l’accumulatore termico di domani
(Rinnovabili.it) – Lo stoccaggio sotterraneo di calore è considerato uno degli elementi chiave nel percorso di decarbonizzazione. Si tratta, infatti, di una soluzione in grado di sfruttare l’energia solare per fornire uno storage stagionale di lunga durata. Sotto il profilo tecnico, la tecnologia di accumulo termico è considerata “quasi” matura, con concept consolidati e testati sul campo. Tuttavia, l’esperienza operativa ha rivelato due problemi critici: le perdite di calore e di fluido in caso di danneggiamento degli impianti.
Ma la soluzione a questi problemi potrebbe essere più semplice del previsto. Un nuovo studio, svolto dai geologi dell’Università Martin Luther di Halle-Wittenberg (MLU), ha mostrato come la cera paraffinica possa contribuire a rendere gli accumulatori termici più duraturi.
Generalmente un accumulatore termico sfrutta l’energia solare estiva per riscaldare dell’acqua, immagazzinandola in grandi bacini sotterranei; questo calore può essere riutilizzato d’inverno, ad esempio integrando il sistema in impianti di teleriscaldamento. I bacini sono rivestiti con un materiale ad hoc per isolarli e prevenire la perdita d’acqua. Materiale che, tuttavia, non è esente da danni e crepe.
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Il team di scienziati ha studiato come compensare queste carenze attraverso un componente aggiuntivo nel guscio esterno dell’unità. Il materiale d’elezione? Semplice cera di candele. La paraffina si scioglie a temperature relativamente basse, assorbendo il calore, che viene rilasciato nuovamente durante la solidificazione. È anche altamente idrofoba, il che significa che respinge efficacemente l’acqua. “L’idea era di sfruttare entrambe queste proprietà dei materiali”, spiega professor Peter Bayer della MLU.
Quando integrata nel guscio esterno di un accumulatore termico, la cera contribuisce a ridurre le perdite di calore. Allo stesso tempo, potrebbe provocare un effetto autorigenerante. “Quando si sviluppa una crepa nel serbatoio, la cera si liquefa e colma questa lacuna”. Non solo. La paraffina è anche ecologica. Se dovesse fuoriuscire dal bacino di stoccaggio, non vi sarebbe alcun impatto tossico. E, secondo Bayer, è più conveniente rispetto ad altri materiali di accumulo di calore latente.
Per l’applicazione commerciale esistono tuttavia ancora dei problemi da risolvere. “È difficile portarla a un livello industriale”, afferma Bayer. Più grande è la struttura, infatti, più la cera nel guscio esterno viene spostata dal peso dell’acqua, richiedendo ulteriori elementi per mantenerla in posizione. E quando la pressione dell’acqua è alta, perde la sua capacità “rigenerante”. “Fin dall’inizio sapevamo che sarebbe stato difficile implementarla. Stavamo usando la paraffina per la prima volta in un ambiente completamente nuovo”. Nonostante ciò gli scienziati sono convinti che l’idea abbia molto potenziale. Lo studio è stato pubblicato su PLOS ONE (testo in inglese).