La struttura frattale delle felci replicata negli elettrodi al grafene. Così un team di ricerca australiano migliora di 30 volte la capacità dei supercondensatori
(Rinnovabili.it) – L’archivio di brevetti firmati da Madre Natura torna nuovamente a dare una mano all’ingegneria energetica. Un gruppo di ricercatori della RMIT University di Melbourne, in Australia, ha studiato da vicino la struttura biologica delle foglie di felci per realizzare un nuovo e potente elettrodo in grado, almeno sulla carta, di migliorare le prestazioni dei dispositivi di energy storage esistenti del 3000 per cento.
Un passo in avanti gigantesco che si accompagnerebbe anche alla possibilità di creare, in futuro, film sottili fotovoltaici capaci di catturare e stoccare l’energia solare: un “all-in-one” che spianerebbe la strada a dispositivi elettronici, veicoli ed edifici in grado di autoalimentarsi con il sole.
Il nuovo elettrodo è stato progettato per funzionare all’interno dei supercondensatori, sistemi d’accumulo energetico in grado di caricarsi e scaricarsi molto più velocemente rispetto alle batterie tradizionali. La combinazione con la tecnologia fotovoltaica è un campo battuto ormai da tempo, ma il loro impiego su larga scala è attualmente frenato dalla limitata capacità.
Un problema che il team australiano delle RMIT ha cercato di risolvere affidandosi alla biomimetica. “Le foglie della felce occidentale possiedono delle venature densamente stipate tali da renderle estremamente efficienti nell’immagazzinare energia e trasportare l’acqua”, spiega professor Min Gu, a capo del gruppo di scienziati.
A rendere la pianta così produttiva è la particolare struttura frattale: ogni parte della felce è simile a tutta la felce stessa, ovvero è una copia in piccolo della foglia completa. “Il nostro elettrodo si basa su queste forme frattali – che sono auto-replicanti, come le minuscole strutture all’interno fiocchi di neve – e abbiamo usato questo disegno naturale per migliorare lo stoccaggio dell’energia solare a livello nanoscopico”. L’intuizione ha permesso ai ricercatori di aumentare la capacità di stoccaggio di ben 30 volte oltre gli attuali limiti.
Nel dettaglio il team ha tracciato con il laser un nuovo disegno bioispirato ai frattali della felce sugli elettrodi in grafene: combinati con i supercondensatori, gli elettrodi possono mantenere la carica immagazzinata più a lungo, con perdite minime. “La possibilità più interessante è quella di impiegare questo elettrodo in una cella solare per realizzare un chip in grado di raccogliere e stoccare l’energia”, aggiunge la collega Litty Thekkekara. “Possiamo già farlo con le celle solari esistenti, ma sono ingombranti e rigide, mentre il vero futuro è nell’integrazione con il fotovoltaico a fil sottile”.