Nei primi 5 mesi del 2019, il valore della carta da macero ha toccato il suo minimo storico
(Rinnovabili.it) – Il settore del riciclo di carta e cartone rischia il collasso: il crollo del valore della carta da macero, il mutamento dello scenario internazionale, con la chiusura del mercato cinese, la saturazione di nuovi mercati internazionali e la tendenza di molte aziende produttrici di affidarsi a imprese di riciclo poco trasparenti sono i fattori che più minacciano uno dei tasselli cardine dell’economia circolare in Italia.
Il valore della carta da macero ha toccato lo scorso maggio il minimo storico dai tempi della crisi economica, nel 2008: nei primi 5 mesi del 2019, il prezzo medio del cartone è passato da 52,50 euro per tonnellata a 40,50 euro per tonnellata, con un calo del 25%.
Un trend che non colpisce solo l’Italia: prima la chiusura del mercato cinese, che lo scorso anno ha annunciato pesanti limitazioni nelle importazioni di carta e cartone di scarto da Paesi esteri, e poi la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina ha portato un surplus di carta da macero su tutti i mercati internazionali determinando il conseguente affossamento delle quotazioni della materia prima.
L’associazione autonoma Unirima, che riunisce circa il 90% delle aziende di settore per volumi gestiti, denuncia anche una forte carenza di impianti dedicati in Italia. Un deficit destinato ad aumentare nel tempo, che potrebbe far lievitare i costi di smaltimento della filiera produttiva e impedire sostanzialmente la chiusura in ottica circolare del flusso produttivo.
“La causa di questa cronica carenza d’impianti finali è da ricercare nel diffuso atteggiamento dell’opinione pubblica di non percepire l’industria della gestione dei rifiuti come una risorsa – scrivono in un comunicato i responsabili di Unirima – Negl’anni, anziché favorire lo sviluppo di nuove imprese per la gestione dei rifiuti, soprattutto nei punti critici della chiusura del ciclo con impianti di trattamento finale, si è ostacolata sempre, sia a livello politico che amministrativo locale, la realizzazione di nuovi impianti o lo sviluppo di quelli esistenti. Questo ci ha reso oltremodo dipendenti dalla disponibilità di impianti esteri ad accogliere i rifiuti prodotti dal nostro sistema industriale”.
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Come se non bastasse, il mercato interno è minato anche da operatori che agirebbero secondo condotte anticoncorrenziali, scorrette o apertamente illegali. Piuttosto che pagare per il servizio di recupero e smaltimento degli scarti del ciclo industriale, molti produttori mostrano la tendenza a stringere accordi commerciali con operatori che garantiscano loro degli introiti, a prescindere dai mutamenti del mercato e dalla crisi di settore: “Dare spazio a imprese che riescono inspiegabilmente a operare al di fuori delle logiche di mercato– concludono gli esperti di Unirima – come se nulla fosse cambiato e come se i costi che affliggono tutte le imprese della filiera per loro non rappresentassero un problema, significa aprire le porte a operatori economici che non agiscono nel rispetto dell’ambiente e quindi della legalità e, nella peggiore delle ipotesi, sono parte della criminalità organizzata”.
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