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UNIRAU: EPR per il tessile, armonizzare incentivi o rischio forti distorsioni in UE

UNIRAU: EPR per il tessile, armonizzare incentivi o rischio forti distorsioni in UE

Attenzione agli effetti della revisione della Direttiva Quadro sui rifiuti con cui l’Unione Europea punta a una maggiore diffusione di pratiche di economia circolare anche nel settore tessile. Gli Stati membri sono chiamati a introdurre regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR – Extended Producer Responsibility). Dunque, chi produce, distribuisce e importa prodotti tessili nel mercato unitario vedrà l’obbligo di avviare sistemi per la raccolta di abiti e tessuti e coprirne i costi per migliorare il tasso di riutilizzo dei capi e il riciclo di qualità. Dal 2025, inoltre, gli Stati membri dovranno garantire la raccolta differenziata dei prodotti tessili per il riutilizzo e il riciclo dei materiali.

Andrea Fluttero, presidente UNIRAU – Unione imprese raccolta riuso e riciclo abbigliamento usato, associazione in ambito Assoambiente delle aziende e delle cooperative che svolgono le attività di raccolta e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani, lo dice alla commissione Ambiente della Camera nel corso di un’audizione sui regimi di responsabilità estesa del produttore nella gestione dei rifiuti nel settore tessile. UNIRAU riunisce gli operatori della filiera della raccolta, selezione e valorizzazione frazione tessile dei rifiuti urbani, quindi abbigliamento e accessori e prodotti tessili per la casa.

In vista della nuova strategia europea per il tessile circolare, sono “in corso i negoziati del trilogo Ue circa il nuovo regime di responsabilità estesa del produttore”, ricorda Fluttero. Mentre si attende la conclusione del trilogo, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica è al lavoro su una bozza di decreto. Tanto a Bruxelles quanto a Roma si punta a una misura che consenta una migliore produzione dal punto di vista della qualità e della vita utile dell’immesso a consumo, frenando il fenomeno del fast fashion e introducendo nuovi strumenti per la gestione del post consumo come appunto il prelievo di un eco contributo su ogni capo venduto.

In Italia dal 2022 “la raccolta è su base volontaria, pur con tutti i limiti del caso, in un sistema non sostenuto da un ecocontributo le cooperative sociali di raccolta e le imprese di selezione hanno maturato competenze e esperienze tali che sarà utile utilizzarle nel modello che verrà”, spiega Fluttero, “grazie all’istituzione del regime EPR e alla costituzione di consorzi di produttori che potranno incassare un ecocontributo e migliorare ancora”.

Ma c’è un problema: “i quantitativi raccolti in Italia sono in costante aumento anche senza sostegni”, però se in Italia “stanno aumentando i quantitativi, sta diventando difficile collocare sul mercato la raccolta, dunque prima di spingere sull’acceleratore degli aumenti della quantità si deve capire cosa fare di quel che non è riutilizzabile”, segnala il presidente UNIRAU.

La raccolta della frazione tessile dei rifiuti urbani vede “un processo di crescita graduale ma costante, con una raccolta da 170mila tonnellate di differenziata annuale”. Si tratta di “rifiuti tessili urbani ma in realtà la raccolta è composta da svariati materiali: cinture borse, cappelli, valigie, accessori, di vari materiali e non tessili, ma lo stesso abbigliamento ha accessori non tessili, come bottoni, cinture o altro”, spiega Fluttero. Sono “prodotti complessi, costituiti da vari tipi di materiale, con flussi molto disomogenei di queste raccolte, a differenza di altre filiere della raccolta differenziata”.

Raccolte, quelle del tessile, “principalmente orientate alla selezione per la preparazione al riuso e non al riciclo, come altre filiere”. Per dirla in breve con il tessile è impossibile tritare in un mulino il prodotto a fine vita e ottenere flussi omogenei di materie prime come in altri settori, questo per la sua intrinseca composizione, fortemente disomogenea. La preparazione per riuso e riciclo mediamente è intorno al 50% di quello che si raccoglie nei cassonetti stradali”.

Ciò detto, “lo scenario che abbiamo di fronte vede aumentare in tutta l’UE i quantitativi di raccolta differenziata di questa tipologia di rifiuti in un contesto in cui lo sbocco è molto per il riuso e molto poco per il riciclo, vista la complessità dei prodotti giunti a fine vita”, avverte il presidente UNIRAU. “Sono mercati di sbocco non illimitati, avremo maggiori quantità raccolte ma la stessa possibilità di collocare sul mercato del riuso il raccolto. Questo vuol dire che settore andrà tendenzialmente in crisi, in tensione, con quantitativi che non sarà possibile piazzare sul mercato”.

Dobbiamo quindi “lavorare per evitare disallineamenti tra le normative nazionali e quelle europee ed agire in modo coordinato in UE“, avverte Fluttero. Infatti possono esserci degli effetti distorsivi se l’armonizzazione non tiene conto delle differenze tra Stati membri. “Un selezionatore italiano può comprare la raccolta differenziata tedesca o svizzera se le condizioni economiche dell’offerta e la qualità che trova sono migliori”, sottolinea Fluttero, “se non armonizziamo le normative su incentivi e ecocontributi rischiamo che un Paese che utilizza gli ecocontributi in modo diverso dal nostro potrebbe rendere più competitive le sue raccolte, e potremmo non trovare sbocco alle nostre raccolte nazionali, che non riescono a trovare sbocco perché più costose”. Quindi “attenti a recepire direttiva in modo da non danneggiare il sistema nazionale”.

I problemi si vedono già ora. “In queste settimane in alcune parti del Paese alcuni raccoglitori non sono più disponibili a svuotare i cassonetti del tessile perché non sanno dove collocare e dove vendere, proprio per i motivi detti”, avverte il presidente UNIRAU.

Va capito che nella raccolta differenzia dei tessili, in particolare dell’abbigliamento, “l’obiettivo non è ricavare materie prime pregiate, come capita con i metalli dei RAEE, ad esempio, ma ricavare del materiale riusabile che ha un valore. Se la raccolta viene da un territorio considerato ‘ricco’ trova anche oggi, anche in situazione di difficoltà del mercato, facilità di collocazione. Se viene invece da un territorio considerato ‘meno ricco’ incontra più difficoltà, perché il selezionatore sa che non troverà prodotti di buona qualità da ricondizionare e rimettere sul mercato dell’usato e con cui pagare impianti e personale, quindi tendenzialmente non lo ritira. Per questo sta succedendo che in alcune parti del Paese la raccolta si ferma, con il Comune che toglie i cassonetti e fa solo raccolta nell’ecocentro, rispettando sì la norma e garantendo la raccolta al cittadino, però rendendola meno facile si riducono i quantitativi e ci sono meno difficolta a piazzarli”.

“Riteniamo che la responsabilità estesa del produttore sia uno strumento che dovrebbe mettere al centro della gestione del fine vita tessile i produttori che dovranno finanziare filiera, coinvolgendo gli stakeholders“, dice sempre in audizione Roberto Tognoli, amministratore delegato del consorzio Re.Crea, che “è stato formato su base volontaria all’interno della Camera Nazionale della Moda Italiana per guidare le aziende associate nella gestione del riciclo dei capi e prodotti tessili post consumo con una filiera certificata e nella massima trasparenza”, precisa.

Il consorzio Re.Crea è stato fondato ad agosto 2022 da Dolce&Gabbana, MaxMara Fashion Group, Gruppo Moncler, Gruppo OTB, Gruppo Prada, Ermenegildo Zegna Group, e coordinato dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, con lo scopo di gestire i prodotti del settore tessile e moda a fine vita e promuovere la ricerca e lo sviluppo di soluzioni di riciclo innovative. I produttori “dovranno avere parte attiva nel processo e non limitarsi ad essere i finanziatori dell’attività”, spiega Tognoli, perché “la gestione dei futuri flussi in regime EPR sarà sfidante, la rete della raccolta differenziata urbana ancora non è sufficientemente strutturata su territorio e aumenteranno i quantitativi post consumo, la raccolta e soprattutto il materiale di scarsa qualità non adatto al riutilizzo”. In questo quadro “c’è il tema dei rifiuti tessili storici prodotti decine di anni fa che pongono problemi di conformità con i livelli di tossicità oggi consentiti”, sottolinea.

L’ad Re.Crea auspica che “la normativa preveda obblighi di rendicontazione per dimostrare il raggiungimento degli obiettivi e consentire la tracciabilità della filiera”. In tutto ciò “è molto importante per noi che la raccolta dei materiali e l’avvio alla preparazione, eventualmente al riuso o riciclo, siano fissati in ottica di progressività, è di fondamentale importanza che tutti i produttori che parteciperanno al sistema EPR siano controllati da normative efficaci per evitare freeriding, vendite online o su marketplace, come è previsto a livello europeo”.

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