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Target Ue sui rifiuti al 2035, servono impianti per quasi 6mln di tonn

Lo studio di Utilitalia dedicato agli obiettivi fissati dal pacchetto Ue sull’economia circolare. Il fabbisogno di impianti si può calcolare sulla base della ‘fame’ di rifiuti che è di 5,7 milioni di tonnellate. In base alle stime il Nord sarà autosufficiente per l’organico e in debito di 150mila tonnellate per la termovalorizzazione; al Centro avrà bisogno di termovalorizzazione per ulteriori 1,2 milioni di tonnellate e di trattarne altrettante di organico; al Sud servirà un fabbisogno di recupero energetico di 600mila tonnellate e di 1,4 milioni di tonnellate per l’organico

Target Ue sui rifiuti
Foto di Stuart Flynn da Pixabay

(Rinnovabili.it) – Per raggiungere i target Ue sui rifiuti al 2035 servono impianti per quasi 6 milioni di tonnellate. In particolare la fame di capacità di gestione della spazzatura è di 5,7 milioni di tonnellate. E’ questo il dato principale che emerge dallo studio ‘Rifiuti urbani, fabbisogni impiantistici attuali e al 2035’ – presentato nel corso di un webinar – messo a punto da Utilitalia, la Federazione delle imprese di acqua, ambiente e energia.

Per conseguire gli obiettivi fissati dal pacchetto Ue sull’economia circolare, servono nel nostro Paese oltre 30 impianti per il trattamento dei rifiuti organici e per il recupero energetico delle frazioni non riciclabili. Gli attuali impianti di trattamento dei rifiuti urbani – viene spiegato dallo studio – sono insufficienti e mal dislocati sul territorio. Cosa che costringe il nostro Paese a continui viaggi extra-regionali dei rifiuti e al ricorso in maniera eccessivo allo smaltimento in discarica. Senza un’inversione di tendenza sarà “impossibile raggiungere i target Ue che prevedono sul totale dei rifiuti raccolti, entro 15 anni, il raggiungimento del 65% di riciclaggio effettivo e un utilizzo della discarica per una quota inferiore al 10%”. 

Il fabbisogno impiantistico ammonta a 5,7 milioni di tonnellate. Su base annua e nello specifico, il Nord sarà autosufficiente per l’organico e in debito di 150mila tonnellate per la termovalorizzazione; al Centro avrà bisogno di termovalorizzazione per ulteriori 1,2 milioni di tonnellate e di trattarne altrettante di organico; al Sud servirà un fabbisogno di recupero energetico di 600mila tonnellate e di 1,4 milioni di tonnellate per l’organico; per la Sicilia il deficit sarebbe di 500mila tonnellate per l’incenerimento e 600mila tonnellate per l’organico; la Sardegna sarebbe invece autosufficiente per l’organico ma presenterebbe un deficit di 80mila tonnellate per la termovalorizzazione. 

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“Senza impianti di digestione anaerobica e termovalorizzatori – spiega Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia – non è possibile chiudere il ciclo dei rifiuti in un’ottica di economia circolare. Mentre l’industria del riciclo denuncia la carenza di sbocchi per gli scarti, si continuano a ipotizzare scenari con future tecnologie che al momento non sono disponibili o immediatamente applicabili su scala estesa e si rimanda un problema oggettivamente non più procrastinabile”. 

Le discariche sono il sistema di trattamento dei rifiuti con il maggiore impatto ambientale. Ma dagli ultimi dati è evidente come siano ancora smaltite in discarica 6,4 milioni di tonnellate di rifiuti urbani; 310mila di questi sono stati trattati in Regioni diverse da quelle di produzione. La vita residua delle discariche attive è in esaurimento: per il Nord si prospettano ancora 7-8 anni; per il Centro 6-7 anni; per il Sud 2-3 anni. Attualmente l’Italia manda in discarica il 20,2% dei rifiuti urbani trattati, mentre l’Unione europea ci impone di scendere sotto il 10%. Entro pochi anni – spiega Utilitalia – in mancanza di interventi, la chiusura delle discariche soprattutto al Sud farà ulteriormente aumentare il numero dei viaggi dei rifiuti verso gli impianti del Nord.

Tanto che nel 2018, a fronte di una produzione di 30,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, circa 2,7 milioni di tonnellate sono state trattate in regioni diverse da quelle in cui hanno avuto origine; il flusso viaggia principalmente dal Centro-Sud verso il Nord. Il Nord ha importato 1,8 milioni di tonnellate dalle aree del Centro-Sud. Il Centro è costretto a esportare il 17% (1,1 milione di tonnellate) della propria produzione di rifiuti, nonostante avvii già in discarica una percentuale di rifiuti estremamente elevata, pari al 35% ma non in grado di garantire tutta la richiesta. Il Sud ha invece esportato il 10% della propria produzione di rifiuti (soprattutto organico) ma solo per la disponibilità elevata di discarica, ora utilizzata per il 41%. “Gli sforzi degli italiani nella raccolta differenziata – continua Brandolini – devono essere premiati da un sistema che sia in grado di valorizzare al meglio i rifiuti. In quest’ottica, i dati dimostrano che anche la raccolta differenziata e gli impianti non sono due elementi contrapposti, anzi: i territori che registrano le percentuali più alte di raccolta differenziata, non a caso, sono proprio quelli in cui è presente il maggior numero di impianti”.

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I viaggi dei rifiuti hanno “importanti costi in termini economici e ambientali. Per trasportare le 2,7 milioni di tonnellate di rifiuti trattati in regioni diverse da quelle di produzione, nel 2018 sono stati necessari 107 mila viaggi di camion, pari a 49 milioni di chilometri percorsi, con l’emissione aggiuntiva di 31mila tonnellate di CO2”. La realizzazione di nuovi impianti – conclude Utilitalia – “comporterebbe ulteriori vantaggi in termini ambientali. Con il biometano prodotto attraverso il trattamento della frazione organica e l’energia elettrica rinnovabile degli inceneritori, si potrebbero soddisfare rispettivamente le necessità energetiche di circa 230mila e 460mila famiglie, pari a circa, rispettivamente, 700mila e 1,4 milioni di abitanti ogni anno”.