Lo smaltimento di rifiuti all’estero nel 2020 ha toccato i 33 mln di t
(Rinnovabili.it) – Capacità di trattamento garantita nel paese destinatario, sospensione delle spedizioni se c’è il sospetto di irregolarità, chi fa export ha l’obbligo di svolgere un audit indipendente sulle strutture all’estero dove invia rifiuti. Sono le nuove regole europee sullo smaltimento di rifiuti all’estero proposte dalla Commissione europea come nuovo tassello del Green Deal.
L’anno scorso, lo smaltimento di rifiuti all’estero dall’Europa verso paesi che non fanno parte dell’Ocse ha toccato il 50% del volume totale di rifiuti esportati, pari a 33 mln di t. La maggior parte è finita in paesi poveri, con una vera e propria “delocalizzazione dell’inquinamento” che può generare molti problemi se gli impianti di trattamento non hanno le capacità adeguate.
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La nuova fisionomia delle regole UE punta a chiudere la porta alle spedizioni illegali. Il traffico di rifiuti vale circa 9,5 mld di euro l’anno e arriva a toccare più o meno il 30% delle spedizioni totali. Questo risultato dovrebbe arrivare con una manovra a tenaglia. Da un lato più rigore nei controlli, anche preventivi, l’obbligo per le aziende che importano di dimostrare l’effettiva capacità di trattamento e la possibilità di interrompere ulteriori invii se emergono elementi di dubbio. Dall’altro lato più potere all’Olaf, l’ufficio UE anti-frodi, nel condurre indagini transnazionali e un inasprimento delle sanzioni amministrative.
Ma Bruxelles usa il nuovo regolamento per potenziare anche le azioni interne e sui primi segmenti del ciclo dei rifiuti, in un’ottica di economia circolare. All’interno dell’UE, la Commissione propone di semplificare notevolmente le procedure stabilite, facilitando il rientro dei rifiuti nell’economia circolare, senza abbassare il livello di controllo necessario. Un’iniziativa che deve supportare la riduzione della dipendenza dell’UE dalle materie prime.
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Critica la posizione di un’ong come EEB. Due le criticità principali. La proposta non farebbe distinzione sulla destinazione d’uso dei carichi di rifiuti, mettendo sullo stesso piano lo smaltimento di rifiuti destinati al riuso e al riciclo, e quelli destinati invece all’incenerimento. Troppo deboli, poi, le regole per il recupero di materia all’interno dell’UE. “È anche un’occasione persa per trasformare i rifiuti in materie prime secondarie, riducendo la nostra dipendenza dalle risorse naturali importate e rendendo infine l’UE un esportatore di materie prime secondarie”, commenta Stèphane Arditi di EEB. (lm)