Rinnovabili

In un solo anno 20 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica solo dall’abbigliamento

rifiuti di plastica
Foto di Markus Spiske su Unsplash

Lo studio della North Carolina State University sui rifiuti di plastica generati dalla fast fashion

Quanti rifiuti di plastica vengono prodotti dall’industria dell’abbigliamento? La risposta adesso c’è. L’ha trovata un recente studio della North Carolina State University, secondo cui nel 2019 il consumo globale di vestiti ha prodotto oltre 20 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. La cosa preoccupante è che circa il 40% del totale sarebbe stato gestito in modo improprio e finito nell’ambiente. Questo fenomeno, che abbiamo sempre chiamato inquinamento, oggi prende il nome di plastic leakage, cioè “perdita di plastica“.

La ricerca ha suddiviso i rifiuti tessili in due categorie: indumenti realizzati con materiali sintetici come poliestere, nylon e acrilico, e quelli realizzati con cotone e altre fibre naturali. I ricercatori hanno analizzato i dati relativi all’importazione, esportazione e produzione di abbigliamento in vari paesi, confrontandoli con informazioni globali sulle diverse fasi della catena del valore dell’abbigliamento per stimare la dispersione di plastica nell’ambiente.

La colpa è dei sintetici

Gli indumenti sintetici rappresentano la maggiore fonte di rifiuti di plastica, con 18 milioni di tonnellate nel 2019. In percentuale, parliamo dell’89% del totale dei rifiuti plastici dell’industria dell’abbigliamento. Circa 8,3 milioni di tonnellate di questi rifiuti sintetici potrebbero essere finiti nell’ambiente. Non parliamo solo di indumenti scartati, ma anche di rifiuti che nascono direttamente nelle fasi di produzione, imballaggio e dall’abrasione degli pneumatici durante il trasporto, oltre alle microplastiche rilasciate durante il lavaggio dei vestiti.

Gli indumenti in cotone hanno generato 1,9 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, principalmente provenienti dagli imballaggi. Lo studio ha inoltre rilevato che gran parte dell’inquinamento avviene in paesi a basso reddito, dove questi capi finiscono nel mercato secondario. La cultura della fast fashion contribuisce a piene mani a questo fenomeno. L’utilizzo e il rapido scarto degli abiti è infatti ciò che oggi affligge un’industria che fa del basso costo e della bassa qualità la sua cifra distintiva.
Tra le soluzioni, naturalmente, i ricercatori propongono il passaggio a vestiti realizzati con materiali rinnovabili e riciclabili. Riducendo l’uso di fibre sintetiche il più possibile.

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