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La gestione dei rifiuti al sud? Fallimentare. “Servono 5 mld per mettersi al passo”

rifiuti al sud

di Andrea Barbieri Carones

(Rinnovabili.it) – La situazione dei rifiuti al sud è sempre più grave, come mostra l’analisi “Investimenti in economia circolare nel Mezzogiorno Una grande opportunità per la crescita verde”. La raccolta differenziata e il tasso di riciclo? Lontani dagli obiettivi europei. Gli impianti per recuperare le materie di scarto? Carenti. Al punto che quantità sempre crescenti di rifiuti organici e speciali prendono la via del nord Italia o dell’estero.

Lo studio è stato illustrato da Fise Assoambiente, l’Associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali, nonché bonifiche. I dati sono stati resi noti nel corso di Ecomondo, la fiera per la transizione ecologica in programma fino al 29 ottobre a Rimini.

L’analisi sui rifiuti al sud è davvero impietosa e mette il dito in una piaga. Innanzitutto, Fise Assoambiente  è partita da alcuni parametri economici, evidenziando le lacune del sistema di gestione rifiuti di Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. E la necessità di colmare il gap per centrare anche in questa parte del Paese gli obiettivi fissati in tema di circular economy.

Alcuni dati economici: nel 2020 nel Centro-Sud si sono persi 380mila posti di lavoro contro i 220mila del Nord. E nel triennio 2015-2018 è stato investito nel Centro-Nord il doppio di quanto investito nel Sud.

Rifiuti al sud: il divario col nord Italia (e coi parametri Ue) è enorme

A questo ritardo economico – mostra sempre l’analisi – si accompagna un gap anche nella raccolta e nella gestione dei rifiuti al sud. Gestione che, se fatta correttamente, potrebbe portare opportunità di sviluppo “green”.

Basti pensare alle cifre relative alla raccolta differenziata, dove il divario tra le 2 metà del paese è imbarazzante: nel Mezzogiorno è ferma al 51% contro il 61% della media italiana. Al nord, la media è del 70%.

Questo ritardo risulta ancora più grave se confrontato con gli obiettivi europei, fissati per il 2035: 65% di riciclo effettivo e 10% in discarica per i rifiuti urbani. Con un conseguente innalzamento al 25% della percentuale di valorizzazione energetica dei rifiuti al fine di chiudere il ciclo

Altri dati: ogni anno, le regioni del Sud Italia raccolgono circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti organici, pari a 98 kg per abitante. Per centrare gli obiettivi europei bisognerà raddoppiare il dato. Per cominciare. E per proseguire? Realizzare impianti di riciclo. Moderni.

Ogni anno, proprio a causa della carenza di impianti, circa 900.000 tonnellate di questi rifiuti, circa il 45% dell’organico, lasciano queste Regioni per trovare adeguato trattamento in altre aree del Paese. Addio ai rifiuti “km zero”, quindi.

Nel Mezzogiorno ci sono 75 impianti che trattano quasi 1,3 milioni di tonnellate di materiali. Ben 67 di questi svolgono attività di compostaggio, mentre sono pressoché assenti impianti in grado di sfruttare questi rifiuti per produrre biocarburanti ed energia elettrica.

La strada da fare per migliorare è lunga. Anche perché per riuscire a trattare i suddetti 4 milioni di tonnellate, entro il 2035 bisognerà dotarsi di almeno 20-25 nuovi impianti di digestione anerobica.

Proprio questi 4 milioni di tonnellate, cui andrà sommata poco meno di 1 milione di tonnellate di fanghi da depurazione, costituiscono un bacino di circa 5 milioni di biowaste da cui partire per rilanciare un’efficace e sostenibile gestione dei rifiuti al Sud. 

Troppa discarica e poca valorizzazione energetica

Come detto, i rifiuti al sud sono principalmente destinati in discarica: circa 2,85 milioni di tonnellate avviate. Entro i prossimi 14 anni, in base ai dettami UE tale quota dovrà essere ridotta a circa 900.000 tonnellate.  Anche perché se non si cambia rotta, tra meno di 3 anni le discariche saranno saturee si rischierà di vivere una nuova fase acuta di emergenza rifiuti. 

La valorizzazione energetica? Al sud è un miraggio, visto che operano solo 6 impianti, contro i 26 del Nord Italia, 13 dei quali nella sola Lombardia. Nelle regioni citate, servono urgentemente 5 o 6 impianti di taglia grande, per poter gestire nei termovalorizzatori almeno il 25% dei rifiuti. 

Chicco Testa, presidente di Fise Assoambiente, indica la strada. “Le Regioni del Sud Italia devono muoversi da subito lungo 3 direttrici: dotarsi di un sistema impiantistico adeguato al proprio fabbisogno, pianificando la realizzazione nei prossimi 14 anni di oltre 20 impianti di digestione anaerobica per il riciclo della frazione umida. Secondo: di nuovi impianti che potenzino le filiere locali del riciclo e di almeno 6 termovalorizzatori. Di limitare l’export e il “turismo dei rifiuti” all’interno dei confini nazionali”.

Questa, prosegue il numero uno dell’Associazione delle imprese dei servizi ambientali, “è una diseconomia che produce una perdita di materia ed energia”.

Sempre secondo Fise, per mettersi al passo coi tempi il sud dovrà investire 5 miliardi di euro. 

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