Speciale sull'evoluzione nazionale in materia di recupero dei rifiuti: dalle prime misure del 2006, agli ultimi decreti ministeriali per l'applicazione dell'End of waste
di Bernardino Albertazzi
Il recupero dei rifiuti nel Dlgs 152/2006
Il testo vigente del Dlgs 152 e s.m., nell’art.183, definisce recupero “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”.
Le modifiche apportate dal dlgs 116/2020 hanno aggiunto all’art.183, subito dopo la nozione di “recupero”, quella di “recupero di materia” (lettera t-bis), cioè : “qualsiasi operazione di recupero diversa dal recupero di energia e dal ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o altri mezzi per produrre energia. Esso comprende, tra l’altro, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento”.
La vigente nozione di recupero è comprensiva di due nozioni già presenti nel Dlgs 152 e cioè la “preparazione per il riutilizzo” (“le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento” ) e “il riciclaggio”, (“qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento”). Ed anche di una nozione introdotta dal Dlgs 116 e cioè il “riempimento”(art.183, lett. u-bis), cioè “qualsiasi operazione di recupero in cui rifiuti idonei non pericolosi sono utilizzati a fini di ripristino in aree escavate o per scopi ingegneristici nei rimodellamenti morfologici. I rifiuti usati per il riempimento devono sostituire i materiali che non sono rifiuti, essere idonei ai fini summenzionati ed essere limitati alla quantità strettamente necessaria a perseguire tali fini”.
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Recupero e Cessazione della qualifica di rifiuto nell’articolo 184-ter
L’articolo 184-ter, del Dlgs 152 contiene la disciplina della “Cessazione della qualifica di rifiuto” .
Il primo comma di tale articolo afferma, in primo luogo, ed è la prima condizione necessaria, ma non sufficiente, che “Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero”. Tra le operazioni di recupero erano incluse non solo quelle di riciclaggio ma, anche, quelle di “preparazione per il riutilizzo”, che sono invece state eliminate con l’entrata in vigore del nuovo Dlgs 116.
Un rifiuto, per cessare di essere tale, deve inoltre soddisfare dei criteri specifici, da adottare nel rispetto di quattro condizioni, che sono state riprese fedelmente dalla direttiva comunitaria:
a) la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
Nel comma secondo viene fatta un’altra importante precisazione e cioè che:
“ L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni.”
Sotto tale profilo ha affermatola Corte di Cassazione Sez. III n. 7589 del 26 febbraio 2020: “Affinché un bene o una sostanza perda la qualifica di rifiuto, è necessario che la stessa sia stata preventivamente sottoposta ad un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, che, sebbene le stesse possano consistere anche in operazioni di cernita e di selezione di beni, fin tanto che non si sono esaurite non comportano né la cessazione della attribuzione della qualifica di rifiuto ai beni in questione né, tanto meno, la estraneità di essi alla disciplina in materia di rifiuti (si veda, infatti, sul punto, il comma 5 del citato art. 184-ter, del dlgs n. 152 del 2006)”.
Inoltre l’art.184-ter afferma, conformemente alla direttiva comunitaria, che i criteri relativi alla “Cessazione della qualifica di rifiuto” verranno adottati, nell’ordinamento giuridico nazionale, attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (cioè con atti aventi natura regolamentare) “in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria” ovvero, in mancanza di criteri comunitari, “caso per caso” per specifiche tipologie di rifiuto .
Il terzo comma contiene la disposizione transitoria, cioè quella che regola il passaggio dalla normativa sulle “Materie, sostanze e prodotti secondari” di cui all’art.181-bis del testo previgente a quella sulla “Cessazione della qualifica di rifiuto” . Esso dispone che, nelle more dell’adozione di uno o più decreti ministeriali che fissano i criteri relativi alla Cessazione della qualifica di rifiuto, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente in data : 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l’art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210.
Ciò significa che continuano a trovare applicazione i due decreti sul recupero semplificato dei rifiuti pericolosi e non, e le loro successive modificazione, fino all’emanazione dei criteri comunitari relativi alla Cessazione della qualifica di rifiuto ed al loro recepimento nell’ordinamento giuridico nazionale o, nell’inerzia comunitaria, fino alla predisposizione di autonomi criteri nazionali .
Sotto tale profilo ha affermato la Corte di Cassazione nella Sentenza 30 agosto 2019, n. 36692: “…il nuovo articolo 184-ter del Dlgs 152/2006, intitolato “cessazione della qualifica di rifiuto”, stabilisce le condizioni per potere escludere la qualifica di rifiuto”.
Le novità rispetto alla precedente disciplina consistono: 1) nella modifica della terminologia, non esistendo più le “materie prime secondarie” ma solo prodotti che cessano di essere rifiuti (cd. “end of waste”); 2) nella sufficienza della sola esistenza di un mercato e di una domanda per il prodotto, non essendo più ritenuto necessario anche il valore economico del prodotto; 3) nel fatto che l’operazione di recupero può consistere anche solo nel controllo dei rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. È importante sottolineare che non è venuta meno la necessità che il rifiuto sia sottoposto ad operazione di recupero, perché possa essere definitivamente sottratto alla disciplina in materia di gestione dei rifiuti. Anche a seguito delle modifiche introdotte con il Dlgs n. 205 del 2010, infatti, la cessazione della qualifica di rifiuto deriva da una pregressa e necessaria attività di recupero. È una costante che percorre, trasversalmente, tutte le definizioni e modifiche legislative sopra riportate. L’attività di recupero, come definita dal Dlgs n. 152 del 2006, articolo 183, comma 1, lettera t) costituisce una fase della gestione del rifiuto, che deve in ogni caso essere posta in essere da soggetto a ciò autorizzato.
La necessità che risulti dimostrata l’intervenuta effettuazione di attività di recupero (condotta nel rispetto di quanto previsto dai Dm 5 febbraio 1998, Dm 12 giugno 2002, n. 16 e Dm 17 novembre 2005, n. 269) da parte di un soggetto autorizzato a compiere le relative operazioni, è stata più volte ribadita da questa Suprema Corte (Sez. 3, n. 17823 del 17 gennaio 2012, Celano; Sez. 3, n. 25206 del 16 maggio 2012, Violato). È vero che il Dlgs n. 152 del 2006, articolo 184 ter, comma 2, estende l’operazione di recupero dei rifiuti anche al solo controllo per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle condizioni indicate nel comma 1, tuttavia, a prescindere dalla immediata precettività o meno di tale indicazione, si tratta pur sempre di operazione di “recupero” che, in quanto tale, è comunque necessario che venga effettuata da soggetto autorizzato (cfr. in motivazione Sez. 3, n. 41075 del 1 ottobre 2015 Rv. 265165 — 01 Lolliri; Sez. 3 sentenza n. 16423/2014 cit.)”.
Pubbliche Amministrazioni ed “End of Waste”: i nuovi poteri
Il terzo comma dell’art.184-ter, comesostituito dall’art. 14-bis, comma 2, legge n. 128 del 2019, dispone ora che :
“In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, per lo svolgimento di operazioni di recupero ai sensi del presente articolo, sono rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, che includono:
- materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;
b) processi e tecniche di trattamento consentiti;
c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
d) requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso;
e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.”
Le Pubbliche Amministrazioni competenti al rilascio delle autorizzazioni ambientali hanno dunque ora il potere di autorizzare delle attività di recupero “end of waste” non ancora codificate, purchè nel rispetto dei limiti imposti dalle pertinenti disposizioni comunitarie.
Il legislatore ha introdotto la norma cit. al fini di consentire l’utilizzo delle norme “End of Waste” anche nei casi in cui le attività di recupero non fossero codificate, a livello comunitario o nazionale, attraverso i decreti tecnici (sia quelli fatti salvi in via transitoria, che i nuovi).
Infatti il Consiglio di Stato Sezione IV, con Sentenza 28 febbraio 2018, n. 1229, aveva chiaramente evidenziato l’inesistenza di un potere, diverso da quello statale, ed in particolare l’impossibilità delle Regioni di definire dei propri criteri “End of Waste”.
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Norme applicative dell’ “End of Waste”
Si ricorda che l’art. 184-ter del D.Lgs. 152/2006 prevede che i criteri di “end of waste” “sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”.
In attuazione di tale disposizione sono stati emanati sei soli regolamenti nazionali “end of waste” :
il D.M. 14 febbraio 2013, n. 22 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari – CSS),
il D.M. 28 marzo 2018, n. 69 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso),
il D.M. 15 maggio 2019, n. 62 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto da prodotti assorbenti per la persona (PAP)) e
il D.M. 19 novembre 2019, n. 182 (che disciplina dei tempi e delle modalità attuative dell’obbligo di gestione degli pneumatici fuori uso (PFU) ai sensi dell’art. 228, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).
D.M. 31 marzo 2020 n.78 Gomma riciclata da pneumatici fuori uso (PFU)
D.M. 22 settembre 2020 n.188 Carta e Cartone
L’Unione Europea, in applicazione della direttiva 2008/98/CE, ha posto in essere i seguenti Regolamenti “End of Waste” :
- Regolamento (UE) n. 333/2011 del Consiglio, del 31 marzo 2011 , recante i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
- Regolamento (UE) N. 1179/2012 della Commissione del 10 dicembre 2012 recante i criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
- Regolamento (UE) N. 715/2013 della Commissione del 25 luglio 2013 recante i criteri che determinano quando i rottami di rame cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
di Bernardino Albertazzi – Giurista Ambientale bernardinoalbertazzi@gmail.com www.bernardinoalbertazzi.it