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Se la plastica riciclata in Europa, giace in fondo all’oceano

Dove finisce la plastica raccolta con la differenziata? Circa la metà viene esportata per il riuso fuori dall’UE. Parte di questa – come emerge da un’analisi sui detriti plastici oceanici – va dritta in fondo al mare. Migliaia di tonnellate e danni incalcolabili ogni anno

plastica riciclata
By MichaelisScientistsOwn work, CC BY-SA 4.0, Link

di Matteo Grittani

(Rinnovabili.it) – Due notizie: una buona ed una cattiva. Quella buona (e nota da tempo), è che l’Europa ricicla più e meglio di chiunque altro. La cattiva è che una parte dei rifiuti frutto della raccolta differenziata del vecchio continente, si libbra nelle acque oceaniche del Sud-est asiatico. A rivelarlo è uno studio della National University of Ireland (Galway), appena pubblicato sulla rivista scientifica Environment International. I risultati del lavoro – avvertono gli autori – non devono diminuire l’impegno dei singoli nelle buone pratiche del riciclo, ma serviranno a stimolare le istituzioni europee a meglio vigilare sull’intera filiera.

“A finire in mare circa il 7% della plastica riciclata in UE”

Se è vero che l’Europa è ormai leader mondiale nella quota di rifiuti destinati al riciclo (il 46% degli scarti urbani totali e addirittura il 67% del packaging), allo stesso tempo circa la metà della plastica raccolta nei cassonetti europei viene esportata al di fuori dei suoi confini. Che significa? Piatti, contenitori, buste e sacchetti, una volta svuotato il cestino, viaggiano per migliaia di chilometri. Meta: Paesi del Sud-est asiatico dotati di sistemi di gestione dei rifiuti meno sviluppati, che li reimpiegano come materie prime.

Nulla di male fin qui, se non fosse che parte di questa plastica frutto dell’opera di certosina differenziazione compiuta dai cittadini europei, una volta entrata in Cina, India, Viet Nam e Thailandia, finisce dritta in mare. Lo ha scoperto per la prima volta uno studio irlandese sull’origine delle microplastiche nelle acque globali. Incrociando le banche dati del commercio internazionale con i database locali dei sistemi di gestione dei rifiuti, i ricercatori hanno ricostruito ‘la sorte’ che attende la plastica UE, dal momento in cui la gettiamo nel cassonetto. Il dato che emerge ha sorpreso perfino loro: addirittura il 7% di tutta quella ‘riciclata’ in Europa finirebbe in fondo al mare.

Le ombre sull’intera filiera del riciclo 

“Abbiamo individuato un’ulteriore componente che genera detriti plastici marini – sottolinea George Bishop, lead-author dello studio – una via mai documentata prima, i cui impatti ambientali e sociali già stanno colpendo l’ecosistema marino e le comunità costiere”. Chili e chili di plastica che invece di ricevere una seconda vita e diventare nuovi prodotti, vengono dispersi tra Oceano Indiano e Pacifico. Quanti? Gli studiosi di Galway stimano un range piuttosto ampio (dalle 32 alle 180 mila tonnellate), ma la cifra più probabile si aggira attorno alle 80. E non è tutto.

“Il nostro studio suggerisce che la ‘reale’ porzione dei rifiuti destinati al riciclo si discosti in alcuni casi anche significativamente da quella che viene comunicata dalle amministrazioni locali e nazionali in Europa”, spiega David Styles, esperto di Life Cycle Assessment, e coautore dello studio. Stando alle conclusioni del lavoro infatti, circa il 31% di tutta la plastica differenziata in UE ed esportata per il riciclo in altri Paesi, non viene riciclata per niente. Nella migliore delle ipotesi, giace nelle discariche di Cina ed India; nella peggiore, fa compagnia a pesci e molluschi. Un’immagine impietosa che getta ombre sulla catena di gestione del riciclo europea.

Attenzione però: quella del riciclaggio continua ad essere la strada migliore per trattare i rifiuti e per questa ragione – si legge nello studio – “i dati che emergono non devono in alcun modo scoraggiare i cittadini a fare la differenziata”. Gli scienziati al contrario ribadiscono l’importanza della transizione verso un’economia circolare più attenta alla sostenibilità del processo produttivo. Per farlo, secondo Piet Lens, professore di Nuove Tecnologie Energetiche a Galway, le amministrazioni locali europee così come le loro aziende di gestione dei rifiuti “dovranno rispondere dell’intera filiera del riciclo, dal cassonetto alla seconda vita del prodotto”. Insomma, continuiamo a fare la raccolta differenziata, in attesa però di una presa di coscienza seria dei decisori politici.