Con la refrigerazione massiva delle catene sarebbe possibile ridurre i rifiuti alimentari della metà. Ma anche con la filiera corta
Uno studio statunitense mette a confronto diverse strategie per ridurre i rifiuti alimentari
Sarebbe possibile ridurre i rifiuti alimentari della metà semplicemente migliorando passando a filiere locali. Lo afferma un lavoro dell’Università del Michigan. Sarebbero, in numeri grezzi, circa 620 milioni di tonnellate di cibo che non finisce perso.
Oggi la FAO stima che un terzo del cibo prodotto globalmente venga sprecato ogni anno, mentre circa 800 milioni di persone soffrono la fame. Le cause sono molte e il problema assume contorni diversi a seconda del punto di osservazione. Allo stesso modo, le soluzioni sono differenti a seconda del punto di vista. Poche indagini si concentrano sullo spreco in fase di raccolta e sui suoi legami con le politiche della GDO. Anche questa, prende in esame ciò che succede fuori dalle aziende agricole, dai loro cancelli fino alla vendita al dettaglio. La giustificazione è che – nei paesi a basso reddito – è in questa parte della filiera che si possono ottenere le maggiori riduzioni di spreco.
I ricercatori americani hanno però lavorato su diversi scenari. Secondo lo studio, catene di approvvigionamento completamente refrigerate ridurrebbero del 41% le emissioni di gas serra legate ai rifiuti alimentari. Paesi come l’Africa sub-sahariana e l’Asia meridionale e sud-orientale hanno il maggior potenziale di riduzione. Qui infatti la refrigerazione è meno diffusa. Un sistema di refrigerazione ottimizzato in Asia ridurrebbe del 45% le perdite alimentari e del 54% le emissioni associate. L’Africa sub-sahariana potrebbe invece ridurre del 47% le perdite alimentari e del 66% le emissioni.
Ma refrigerare una filiera richiede investimenti, tecnologia, uso di risorse e altre emissioni a monte, che la ricerca non quantifica né analizza. D’altra parte, però, dice una cosa interessante: catene di approvvigionamento più localizzate possono portare a risparmi alimentari comparabili o superiori a catene del freddo ottimizzate. Le filiere corte e territoriali sono più praticabili in molte zone del mondo. Anzi, forse dovremmo prendere spunto da chi le adotta, perché proprio come una refrigerazione su vasta scala, permetterebbero di dimezzare i rifiuti alimentari. Oltre alla riduzione dello spreco di cibo totale, i ricercatori aggiungono che sistemi alimentari localizzati comportano perdite alimentari inferiori rispetto a catene di approvvigionamento globali e refrigerate ottimizzate. Filiera corta batte filiera lunga due a zero, insomma.
Sprechi e perdite alimentari producono circa l’8% delle emissioni di gas serra causate dall’uomo. La carne rappresenta oltre il 50% delle emissioni di gas serra legate al comparto, nonostante ammonti a meno del 10% dei rifiuti alimentari globali in peso.