Presentato ieri in Senato il Rapporto Rifiuti Speciali 2022 di Ispra: - 4,5% nell’anno della pandemia. Abbiamo recuperato il 70% dei rifiuti speciali e ne abbiamo prodotti 7 milioni di tonnellate in meno.
(Rinnovabili.it) – Nell’anno della pandemia e del lockdown abbiamo registrato un calo della percentuale di rifiuti speciali pari al 4,5%. Unica eccezione, il settore sanitario. A dirlo è l’ultimo report Ispra, presentato ieri in Senato. La diminuzione riguarda in particolare i rifiuti pericolosi. Monitorati speciali il Nord del Paese (Lombardia e Veneto in primis) e i flussi particolarmente critici come amianto, veicoli, pneumatici, fanghi di depurazione, settore delle costruzioni e rifiuti speciali sanitari.
Il report è alla sua 21° edizione e fornisce il quadro complessivo della produzione e della gestione dei rifiuti speciali a livello nazionale attraverso 60 indicatori.
“Grazie ai dati elaborati dall’Ispra in oltre 20 anni di lavoro – ha detto Stefano Laporta presidente dell’Ispra ed Snpa – l’Istituto ha potuto fornire al MITE tutte le informazioni necessarie alla redazione delle due riforme collegate PNRR che disegnano la strategia per lo sviluppo dell’economia circolare dell’Italia nei prossimi 6 anni: la Strategia nazionale per l’economia circolare e il Programma nazionale di gestione dei rifiuti (PNGR). Il gap impiantistico tra Nord e Sud, descritto dal Rapporto, potrà essere in parte colmato dalle oltre 4000 proposte di progetti presentate per i Bandi PNRR della missione sull’economia circolare, di cui quasi la metà arrivate dal Mezzogiorno”.
Il contenuto del rapporto
Nel 2020 abbiamo prodotto quasi 7 milioni di tonnellate di rifiuti speciali in meno rispetto all’anno precedente. In termini percentuali si tratta di un calo del 4,5%. In totale, l’Italia ha recuperato il 70% dei rifiuti speciali prodotti. Diminuiscono soprattutto i rifiuti non pericolosi, che costituiscono il 93,3% dei rifiuti speciali e registrano una flessione del 4,6%. Di meno, anche se in percentuale inferiore, anche i rifiuti speciali pericolosi, ridotti di 300 mila tonnellate (- 3% rispetto al 2019).
Il settore che produce più rifiuti speciali degli altri (45,1%) è sempre quello delle costruzioni, nonostante il calo di 3,5 milioni di tonnellate (-5,2%). Seguono gestione dei rifiuti e risanamento ambientale (26,3%) e manifattura, che ne produce 26,7 milioni di tonnellate intestandosi il 18,2% della produzione totale.
Il maggior polo di produzione di rifiuti industriali è il Nord Italia, che contribuisce per il 56,9% del totale. Posto speciale per la Lombardia (21,6% dei rifiuti speciali prodotti a livello nazionale) e Veneto (11%). In quest’area si trovano quasi la metà degli impianti esistenti a livello nazionale. Di 10.472 strutture, 2106 sono in Lombardia.
L’anno del Covid ha generato 232 mila tonnellate di rifiuti sanitari, per la gran parte pericolosi: si tratta di un incremento del 16% di materiale a rischio infettivo.
I 6 flussi di rifiuti speciali particolarmente critici
Il report ha analizzato i flussi maggiormente problematici.
1) Amianto
Nel 2020 abbiamo prodotto 386 mila tonnellate di rifiuti speciali contenenti amianto, la quasi totalità (97,6%) proveniente da materiale di costruzione. La concentrazione della produzione è al Nord, con l’83,4%. Seguono Centro (9,2%) e Sud (7,5%). Prima regione per produzione di rifiuti di amianto il Friuli Venezia Giulia, responsabile da solo del 40,8% della produzione nazionale con le sue 158 mila tonnellate.
La forma di gestione prevalente restano le discariche, in cui vengono conferite 391 mila tonnellate pari al 94% del totale: il resto è destinato al trattamento e al deposito preliminari. Una piccola parte dei rifiuti speciali in amianto (8 mila tonnellate) la esportiamo tra Germania (quasi 6.500 tonnellate), Spagna (1650) e Francia (192).
2) Veicoli fuori uso
Tra 2019 e 2020 c’è stata una contrazione degli impianti di autodemolizione operativi, che sono passati da 1462 a 1417. Anche in questo caso la concentrazione maggiore è al Nord, che ne ospita il 44%; seguono Sud (41%) e Centro (15%).
Gli impianti hanno trattato più di 1,2 milioni di tonnellate di veicoli: 75 mila in meno rispetto al 2019. Il calo in questo caso è omogeneo a livello nazionale, con una lieve concentrazione al centro (-8% dal 2019). Il Nord registra -5%, il Sud -6%.
Il Nord è ancora una volta l’area in cui sono gestiti più rifiuti speciali derivati da veicoli.
L’analisi dell’andamento delle percentuali di reimpiego, riciclaggio e recupero dal 2006 mostra un iniziale miglioramento e poi una sostanziale stabilità. Permangono le carenze strutturali individuate negli anni, soprattutto rispetto al recupero energetico che invece è diffuso maggiormente negli altri Stati membri.
3) Pneumatici fuori uso
Gli pneumatici fuori uso prodotti nel 2020 sono stati 461 mila tonnellate: di queste ne abbiamo gestite 442 mila (l’1,6 % in meno rispetto al 2019), mentre 79 mila tonnellate sono state trasportate all’estero.
Dalla gestione dei PFU sono state recuperate 362mila tonnellate, mentre lo smaltimento ha riguardato una quantità residuale di pneumatici pari a 162 tonnellate. Il 79% degli PFU è destinato al recupero di materia, mentre 12 mila tonnellate (poco meno del 3%) viene utilizzato per la generazione di energia. Esportiamo quasi 80mila tonnellate di PFU, in particolare in Turchia (36 mila tonnellate) e Germania (23mila).
4) Fanghi dal trattamento delle acque reflue urbane
Tra i flussi particolarmente critici di rifiuti speciali figurano anche i fanghi di trattamento delle acque reflue urbane, la cui produzione ha registrato un lieve calo rispetto al 2019 (-0,76%) con 26.035 tonnellate in meno. A livello nazionale, abbiamo prodotto 3,4 milioni di tonnellate di questi rifiuti speciali e ne abbiamo gestite circa 3 milioni di tonnellate: il 53,4% è stato smaltito, il 44,1% recuperato. La quantità smaltita nel 2020 è di circa 117 mila tonnellate in meno rispetto all’anno precedente, con un aumento del 4,3% della quantità recuperata (55 mila tonnellate).
Il 33,3% dei fanghi smaltiti sono avviati al trattamento biologico, mentre l’8,3% finisce in discarica. Il 32,6% dei fanghi viene però destinato a operazioni di riciclo\recupero di sostanze organiche.
L’export all’estero ha riguardato poco più di 60 mila tonnellate di rifiuti speciali in questo caso, la maggior parte dei quali sono stati destinati all’incenerimento.
5) Rifiuti da operazioni di costruzione e demolizione
I rifiuti speciali legati ai settori di costruzione e demolizione sono il flusso più rilevante non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa. La Commissione Europea ha fissato obiettivi specifici di riutilizzo, riciclaggio e recupero con la Direttiva 2008/98/CE.
La produzione totale di questi rifiuti ammonta a 50,2 milioni di tonnellate, registrando in ogni caso un calo di quasi il 2% (1,9 milioni di tonnellate) rispetto al 2019: gran parte di questa diminuzione è legata al blocco dei cantieri e alla riduzione della manutenzione a causa delle restrizioni per le politiche di contenimento del Covid19.
Nel 2020 il recupero di materia ha raggiunto quasi 40 milioni di tonnellate, quasi il 4% in meno rispetto al 2019. Abbiamo recuperato il 77,9% dei rifiuti speciali di questo settore, superando il target UE del 70%. La principale forma di riciclo è la trasformazione della parte minerale dei rifiuti speciali di costruzione e demolizione in calcestruzzo o asfalto.
6) Rifiuti sanitari
Il 2020 è stato l’anno del netto incremento dei rifiuti speciali di ambito sanitario, con il 16% in più di produzione. I rifiuti sanitari a livello nazionale sono stati 232 mila tonnellate di cui 208 mila pericolosi, prodotti per quasi il 50% al Nord del Paese, mentre Centro e Sud si spartiscono rispettivamente il 23 e il 28%.
Della totalità dei rifiuti sanitari sono state gestite 240 mila tonnellate, 218 mila delle quali era rifiuti pericolosi. Gran parte (81%) di questi rifiuti viene smaltita: il 44% tramite incenerimento, il 27% con trattamento chimico-fisico.
Gran parte di questi rifiuti, essendo legato all’emergenza sanitaria, era di tipo infettivo. Rispetto al 2019 i rifiuti di questo genere sono aumentati del 23,4%, con 20 tonnellate in più al Nord, 7000 al Centro e 7 mila al Sud.