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Le materie prime critiche che buttiamo via valgono 10 miliardi l’anno

materie prime critiche
Via depositphotos.com

Non c’è più tempo da perdere per costruire filiere del riciclo delle materie prime critiche

(Rinnovabili.it) – I dispositivi elettronici che passano per le mani dei consumatori e diventano rifiuti contengono materie prime critiche per un valore di 10 miliardi di dollari l’anno. Una cifra sorprendente, calcolata dall’Istituto di formazione e ricerca dell’ONU (UNITAR).

Parliamo di giocattoli, cavi elettrici, sigarette elettroniche, rasoi cuffie e molti altri gadget. Ciascuno di essi contiene uno o più metalli tra oro, argento, rame, litio e molti altri ancora.

La transizione ecologica e digitale è basata in gran parte di queste materie prime, per le quali è prevista una crescita della domanda che preoccupa gli analisti. Dove prendere questi minerali a prezzi accessibili per finanziare le tecnologie verdi? Ad oggi, alcune delle più importanti sono concentrate in pochi paesi, che ne dettano il prezzo e i livelli di produzione. Ad esempio, la Cina.

Ecco perché l’enfasi sul riciclo delle materie prime critiche sta aumentando. Del resto, lo studio ONU dimostra che esistono vere e proprie miniere “nascoste” nelle nostre case e poi nelle discariche.

Più di un terzo dei rifiuti “invisibili” censiti dal rapporto proviene ad esempio da giocattoli come auto telecomandate, bambole parlanti, robot e droni. Ogni anno 7,3 miliardi di questi oggetti vengono buttati via nel mondo. Ci sono poi 844 milioni di sigarette elettroniche gettate via, che in peso equivarrebbero a sei Torri Eiffel. Per fare un altro esempio, le 950 tonnellate di cavi contenenti rame riciclabile finiti in discarica l’anno scorso, avrebbero potuto circondare la Terra 107 volte.La legislazione sui RAEE è ancora carente in tutto il mondo. In Europa, dove le performance sono più alte, il 55% dei rifiuti elettrici ed elettronici viene riciclato. La media globale, tuttavia, supera di poco il 17%. Ci sono alcuni paesi in cui il tasso di riciclo scende quasi a zero, specialmente in zone del Sud America, dell’Asia e dell’Africa. Qui mancano punti di raccolta e filiere del riciclo, e i “cimiteri” di RAEE sono più diffusi.

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