Individuati i primi danni sanitari legati all’inquinamento da microplastiche
(Rinnovabili.it) – L’esposizione cronica alle microplastiche può provocare aneurismi, gravi danni alle branchie dei pesci e cambiamenti significativi nella produzione di uova nelle femmine. A rivelarlo è un nuovo studio condotto da scienziati statunitensi e cinesi, ipotizzando ch i prodotti chimici presenti nelle fibre plastiche possano agire come interferenti endocrini.
Le minuscole fibre in poliestere, polipropilene e altri tipi di plastica vengono rilasciate nell’ambiente anche solo lavando i tessuti sintetici utilizzati nell’abbigliamento, in vari prodotti di consumo e industriali. Una volta entrati nelle acque, si accumulano nei fiumi, nei laghi e negli oceani, rappresentando oltre il 90% dell’inquinamento da microplastiche in alcune aree del pianeta. Studi precedenti avevano già “dimostrato che molti pesci mangiano grandi quantità di fibre ogni giorno”, ma i meccanismi protettivi all’interno del loro intestino sembravano “prevenire i danni“, ha sottolineato David E. Hinton, professore di Qualità Ambientale alla Duke University.
La nuova ricerca ha esteso l’analisi “fino ai livelli dei tessuti e delle cellule” ed è lì che sono stati osservati “mutamenti dannosi”. Infatti i pesci mangiano centinaia di migliaia di microfibre ogni giorno che “passano attraverso le branchie” dove “si verifica gran parte del danno”, come ha spiegato dagli scienziati.
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Per lo studio i ricercatori hanno esposto 27 coppie di pesci medaka giapponesi sani (Oryzias latipes) ad alti livelli di fibre microplastiche sospese per 21 giorni, cambiando settimanalmente l’acqua del serbatoio per analizzarla chimicamente, in particolare per determinare quali coloranti o additivi vi erano stati rilasciati. I risultati hanno mostrato come l’inquinamento da microplastiche modifichi profondamente l’organismo dei pesci: sono stati rilevati aneurismi, fusione di membrane, aumento nella produzione di muco, nonché cambiamenti significativi delle cellule epiteliali che rivestono le branchie.
“Ci sono stati cambiamenti gravi” e “ogni cambiamento può influenzare la respirazione”, ha detto Chernick, aggiungendo che “se sei un pesce selvaggio con danni alle branchie e sei in un ambiente a basso contenuto di ossigeno o vieni inseguito da un predatore, sei nei guai. Lo stesso vale se sei in competizione con altri pesci per il cibo. Il solo fatto di avere questi danni ti renderebbe meno competitivo”.
Il nuovo studio ha rilevato che quando le fibre microplastiche si trovano nell’intestino possono rilasciare sostanze chimiche poi assorbite nel flusso sanguigno del pesce. Nonostante i ricercatori stiano ancora lavorando per identificare queste sostanze chimiche e determinarne l’impatto, hanno già stato osservato un effetto preoccupante: le femmine esposte a fibre contenenti polipropilene hanno prodotto più uova nel tempo, dato che suggerisce come queste sostanze chimiche agiscano da interferenti endocrini.
Solo nel 2016 sono state prodotte quasi sei milioni di tonnellate di fibre sintetiche come poliestere o polipropilene e – va ricordato – un singolo indumento può rilasciare quasi 2.000 microfibre ad ogni lavaggio. Poiché gli impianti di trattamento delle acque reflue non sono attrezzati per rimuoverle, vengono rilasciare e si accumulano nell’ambiente. Le microfibre possono anche entrare nell’ambiente attraverso il deflusso delle acque piovane o la deposizione atmosferica. “Anche se vengono rilasciate a chilometri di distanza dall’oceano, possono arrivarci. Quindi influenzano sia gli organismi di acqua dolce che quelli marini“, ha sottolineato Hinton. “Fino ad ora, la maggior parte degli studi si è concentrata sulla ricerca della presenza di materie plastiche negli animali, senza identificare quali potrebbero essere gli effetti di tali inquinanti sui tessuti” ma “è proprio in quella direzione, come indica il nostro studio, che la scienza deve andare”.
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