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Termovalorizzatori: l’efficienza energetica dell’incenerimento è più bassa dei suoi impatti climatici

Zero Waste Europa ha pubblicato un nuovo studio che dimostra come l’efficienza energetica dei termovalorizzatori sia troppo bassa. L'associazione propone di eliminare la distinzione tra combustione per smaltimento e per recupero

efficienza energetica dell’incenerimento
Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay

(Rinnovabili.it) – Il nuovo studio pubblicato da Zero Waste Europe (ZWE) potrebbe mettere il punto al dibattito sull’incenerimento dei rifiuti per produrre elettricità: l’efficienza energetica, secondo il paper, è troppo bassa e comporta più emissioni per unità di elettricità di quante ne generi la produzione di gas naturale. 

Janek Vähk, Coordinatore del Programma per il Clima, l’Energia e l’Inquinamento Atmosferico di ZWE, ha spiegato: “La relazione fornisce la prova che bruciare i rifiuti per l’energia è un processo molto inefficiente e come tale l’aspetto del recupero energetico di esso è spesso enfatizzato da alcune parti interessate. Inoltre, la decarbonizzazione in corso rende sempre più difficile considerare i rifiuti come una fonte di energia adeguata, pertanto la necessità di recuperare energia dai rifiuti che hanno portato alla formula R1 [incenerimento per recupero energetico] è obsoleta”.

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L’incenerimento dei rifiuti misti ha un’efficienza energetica troppo bassa

L’analisi “Debunking Efficient Recovery: the Performance of EU Incineration Facilities” di Equanimator mostra che l’efficienza energetica connessa all’incenerimento dei rifiuti è di appena il 20%: una cifra bassa, “bassissima” a detta di ZWE, che spiega che non è paragonabile nemmeno al 35% del rendimento del carbone e al 55% degli impianti a ciclo combinato di gas (CCGT). 

Se dal punto di vista della generazione di calore i dati migliorano un po’, complessivamente le prestazioni restano inferiori a quelle delle caldaie a gas domestiche. 

Il vero buco nero sono le emissioni di CO2 non fossile, che raddoppiano in entrambi i casi. 

Il documento non si concentra solo sull’efficienza energetica ma demolisce la distinzione tra incenerimento dei rifiuti per lo smaltimento (D10) e per il recupero (R1) perché – spiega – la soglia di distinzione tra i due metodi è troppo bassa ed è facile rientrare nella categoria R1, che richiede un incremento di efficienza di appena il 16,5%. Il suggerimento degli autori del paper è di abbandonare questa distinzione perché discutibile, come ha illustrato il Direttore di Equanimator Dominic Hogg: “Il caso di distinguere tra ‘recupero’ e ‘smaltimento’ per motivi di efficienza energetica è sempre discutibile. Gli inceneritori sono tenuti, per legge, a recuperare il calore per quanto possibile e qualsiasi distinzione significativa avrebbe escluso una parte significativa degli impianti operativi. Secondo i dati dell’UE, invece, circa il 98 per cento di tutti i rifiuti urbani inceneriti viene trattato in impianti che si qualificano come recupero. Ciò suggerisce che la soglia di efficienza è stata progettata per essere troppo facilmente soddisfatta. Dati i minori benefici dell’incenerimento come sistema energetico della decarbonizzazione, è tempo di smaltire questa distinzione e riclassificare tutti gli inceneritori come impianti di smaltimento”.

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Modificare la Direttiva UE sui rifiuti alla luce dei dati sull’efficienza energetica dell’incenerimento

In una nota sul proprio sito, Zero Waste Europe invita la Commissione Europea ad adeguare la Direttiva Quadro sui rifiuti alla luce dei dati sull’efficienza energetica dell’incenerimento presentati dallo studio, con due interventi fondamentali: 

– l’eliminazione della soglia R1 dell’allegato II della direttiva, negando la possibilità di classificare l’incenerimento urbano come “recupero”;

– un obiettivo misto (residuo) di produzione di rifiuti urbani di 100kg pro capite entro il 2035, così da spostare il focus della strategia, dallo smaltimento, a monte abbassando la produzione di rifiuti misti.