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Ecco quanto costa la TARI in Italia nel 2023

A Catania si spendono quasi 600 euro a famiglia, a Udine 180. Tutti i dati su quanto costa la TARI e perché varia tanto da regione a regione

quanto costa la tari
Foto di Jack Blueberry su Unsplash

Qualità di raccolta e riciclo determinano sbalzi tra le zone d’Italia nel calcolare quanto costa la TARI

(Rinnovabili.it) – Mediamente siamo sui 320 euro, ma in Sicilia il l’importo sfiora i 600. Le cifre ballano e non hanno a che fare con la qualità del servizio. Anzi, sono forse inversamente proporzionali. Inoltre, la spesa delle famiglie per la tassa rifiuti è in crescita del 2% rispetto al 2022. Per avere un quadro di quanto costa la TARI in Italia nel 2023, bisogna guardare la rilevazione dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, giunta alla 16° edizione.

La spesa più elevata si registra al Sud, con la Campania in testa a livello regionale”, spiega Cittadinanzattiva. Nella regione si spende mediamente 416 euro. Il trend è chiaro. Al Sud la TARI costa più che al nord, a fronte di un servizio che molto spesso è peggiore. Ben sette capoluoghi di provincia meridionali stanno nella top ten dei più cari. A guidare la classifica è Catania, dove una famiglia spende mediamente 594 euro all’anno

TARI in Italia nel 2023
Tari 2023

La regione in cui si rileva la spesa media più bassa sono le Marche”, prosegue l’associazione. Qui l’importo è di 250 euro in media. Il capoluogo di provincia meno caro, invece, è Udine, con una spesa media a famiglia di 181 euro. I dati raccolti dall’Osservatorio prezzi e tariffe danno anche uno spaccato dei trend. “Sono 54 i capoluoghi in cui si registrano aumenti della tariffa, soltanto 20 quelli in diminuzione”, spiega. “L’incremento più elevato è a Latina (+31,2%), la riduzione più consistente ad Imperia (-23,3%)”. 

TARI in Italia nel 2023
Tari 2023

L’indagine sul costo sostenuto nel 2023 per lo smaltimento dei rifiuti prende come riferimento una famiglia tipo composta da 3 persone ed una casa di proprietà di 100 metri quadri. A questa analisi farà seguito, il prossimo 24 novembre, il report complessivo che conterrà anche “dati sui livelli di raccolta differenziata in ambito regionale e provinciali e sulla raccolta di particolari categorie di rifiuti”.

Nella grande maggioranza delle città capoluogo di provincia si continua ad adottare una modalità di calcolo dei costi che non tiene conto dei rifiuti realmente prodotti”, spiega Tiziana Toto, responsabile nazionale delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva. “Questo meccanismo incentiva la riduzione dei rifiuti che deve essere la priorità per le amministrazioni locali e per i cittadini”. Se la raccolta è mediamente abbastanza alta, il riciclo è più basso. “Lavorare sulla riduzione dei rifiuti e sulla qualità della raccolta differenziata porterebbe ad una ottimizzazione del sistema di gestione dei rifiuti con conseguente diminuzione dei costi a carico delle famiglie”.