20 giorni per le ultime limature alla Cnai, la carta definitiva delle aree idonee per ospitare il deposito unico nazionale che incorpora i pareri emersi dal confronto pubblico. Dopo l’ok a Isin, Mims e Ministero dell’Università e della Ricerca, Sogin inizierà le trattative con regioni ed enti locali
L’Italia è sotto infrazione UE per i ritardi sul deposito nazionale rifiuti radioattivi
(Rinnovabili.it) – Sempre più vicina la scelta finale del deposito nazionale rifiuti radioattivi. Entro fine marzo, Sogin trasmetterà al Ministero della Transizione Ecologica la Carta nazionale delle aree idonee (Cnai). La società responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani sta preparando il documento integrando la Cnapi – la carta che individuava le aree potenzialmente idonee – con le osservazioni emerse dalla fase di consultazione pubblica a cui hanno partecipato più di 300 soggetti.
La palla passerà quindi al MiTE che proseguirà l’iter di valutazione. La Cnai sarà esaminata dall’Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione. Questo ente di controllo è l’autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione a livello nazionale e dovrà fornire un parere tecnico. Dopo l’ok servirà ancora il timbro del Ministero delle Infrastrutture e del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica.
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A quel punto, rafforzata dal via libera tecnico e politico, la Cnai tornerà in mano a Sogin. Entro 30 giorni dalla pubblicazione, la società inizierà uno dei passaggi più delicati: il confronto con le regioni e gli enti locali. Lo scopo è trovare un’intesa sulle aree individuate dalla carta per realizzare il deposito nazionale rifiuti radioattivi.
Ieri, durante una sessione di interrogazioni a risposta immediata davanti alla commissione Ambiente della Camera, la sottosegretaria MiTE Vannia Gava ha precisato che sono stati esclusi dalla Cnai tutti i territori patrimonio Unesco, mentre restano indicate come idonee tutte le aree individuate sulle isole maggiori visto che l’insularità “non è un requisito che compromette l’idoneità delle aree”.
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Il processo che sta portando alla realizzazione del deposito nazionale rifiuti radioattivi ha subìto innumerevoli ritardi. La direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio europeo fissava addirittura all’agosto del 2015 la scadenza per pianificare il sito di stoccaggio in sicurezza delle scorie nucleari e dei rifiuti radioattivi. La carta però era presto sparita dai radar nello stesso 2015, non dopo aver suscitato polemiche a non finire in tutta la penisola. La Cnapi è riemersa poi a gennaio 2021, con una procedura di infrazione aperta e con la data del 2025 – quando torneranno in Italia i rifiuti nucleari spediti nel tempo in Francia e Gran Bretagna – che incombe.
Le aree potenzialmente idonee individuate finora sono 67, distribuite in alcuni cluster. Al nord ce n’è solo uno in Piemonte, al centro due entrambi nel viterbese e altri due tra Grosseto e Siena. Al sud altri cluster individuati tra Puglia e Basilicata. Molti i siti potenzialmente idonei in Sardegna (ben 14) e Sicilia. Il deposito nazionale rifiuti radioattivi occuperà un’area di 78mila m3 e ospiterà tutte le scorie nucleari e altri tipi di rifiuti di origine medico-ospedaliera e usati dalla ricerca. Si tratta principalmente di rifiuti a bassa e media attività (non pericolosi dopo 300 anni), già condizionati. Ma in via temporanea, il deposito potrà ospitare anche rifiuti a media e alta attività, per i quali serve un deposito geologico.