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Italia condannata per la crisi dei rifiuti in Campania: ha violato i diritti umani

Violato il diritto al rispetto per la vita privata e familiare (art.8 della Convenzione europea dei diritti umani) per la malagestione della crisi dei rifiuti tra il 1994 e il 2010 alla discarica di Lo Uttaro. Il caso era stato portato all’attenzione della European Court of Human Rights da 19 residenti di Caserta e San Nicola la Strada

Crisi rifiuti Campania: l’Italia ha violato i diritti umani
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La sentenza della Corte UE per i diritti umani

(Rinnovabili.it) – L’Italia ha violato i diritti umani fondamentali dei residenti della Campania, tra Napoli e il casertano, con la malagestione della raccolta rifiuti. Lo ha stabilito la Corte europea per i diritti umani in una sentenza emessa ieri. Il caso era stato portato all’attenzione del tribunale UE da 19 residenti di Caserta e San Nicola la Strada. La corte si è espressa all’unanimità nel giudizio sulla crisi dei rifiuti in Campania.

Cosa viene contestato, nel dettaglio? Il tribunale ha ravvisato una violazione del diritto al rispetto per la vita privata e familiare durante il lungo periodo dello stato di emergenza per la crisi dei rifiuti in Campania (1994-2010), relativamente alla discarica Lo Uttaro. Le autorità italiane avrebbero informato correttamente i residenti dei rischi per la salute derivanti dalla prossimità con la discarica al centro del caso, ma non avrebbero messo in atto le misure necessarie per proteggerli dall’inquinamento e i suoi effetti.

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Durante le udienze, i rappresentanti legali dello Stato italiano hanno cercato di smontare il caso sostenendo che i ricorrenti non avessero utilizzato tutti gli strumenti giuridici a disposizione a livello nazionale. Ma la Corte UE per i diritti umani ha concluso che questi strumenti avrebbero in ogni caso risolto “solo parzialmente” i problemi in termini di danno ambientale.

“La Corte ha osservato che Caserta e San Nicola La Strada, dove risiedono i ricorrenti, erano state colpite dalla crisi della gestione dei rifiuti dal 1994 al 2009. Durante quel periodo i ricorrenti erano stati costretti a vivere in un ambiente inquinato dai rifiuti ammucchiati lungo le strade e dai siti di stoccaggio temporaneo dei rifiuti”, si legge nella sentenza. La corte “ha ritenuto che tale esposizione ai rifiuti, in violazione delle norme di sicurezza, ha reso i ricorrenti più vulnerabili a varie malattie. Tale constatazione è stata supportata dagli studi scientifici presentati dai ricorrenti, riconosciuti dalla CGUE e corroborati in un rapporto di indagine parlamentare del 2013”.