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Conflitti e nuove regole possono soffocare la filiera dei rifiuti tessili urbani

Le associazioni che riuniscono imprese di raccolta di abbigliamento usato lanciano un allarme sulla crisi dei rifiuti tessili urbani

rifiuti tessili urbani
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Un appello al MASE dagli operatori dei rifiuti tessili urbani 

Il sistema di gestione dei rifiuti tessili urbani in Italia è a rischio di collasso e rischiano di andarci di mezzo cooperative di raccolta, aziende di selezione e posti di lavoro. Ne conseguirebbe un peggioramento delle prestazioni ambientali proprio mentre la politica europea e nazionale sta prendendo misure per rafforzare il settore. 

Com’è possibile? Lo hanno spiegato le associazioni UNIRAU e ARIU, durante il Green Med Expo & Symposium iniziato ieri a Napoli. Le associazioni hanno chiesto un incontro urgente con la Direzione economia circolare del MASE per illustrare la situazione.

La filiera della raccolta, selezione e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani, abbigliamento, accessori e prodotti tessili per la casa, si è strutturata negli scorsi decenni in modo autonomo. Non c’erano obblighi per questo comparto fino a poco tempo fa. E non ci sono nemmeno risorse, che si prevede arriveranno solo con l’istituzione di un regime di responsabilità estesa del produttore (EPR).

Come funziona la raccolta del tessile e perché sta collassando

I Comuni affidano la raccolta a cooperative che posizionano i cassonetti e svolgono il servizio a loro spese, venendo remunerati con la proprietà dei rifiuti raccolti e spesso pagando una royalty al Comune. I raccoglitori vendono i rifiuti alle aziende di selezione che ottengono ricavi dalla vendita in Italia e all’estero dei prodotti di “second hand” e dalla trasformazione di quanto non riusabile.

Questo equilibrio rischia di rompersi per due cause principali: le crisi economiche causate dalle guerre e le normative europee che frenano le esportazioni di rifiuti e prodotti usati di bassa qualità. I conflitti funestano infatti “mercati che da decenni acquistano abbigliamento usato come l’Ucraina e l’Est in generale, il Nord Africa, il Libano e l’Africa sub Sahariana”. E poi c’è la “crescente tendenza delle norme europee e di conseguenza delle dogane a frenare le esportazioni di rifiuti e di prodotti usati di fascia bassa, purtroppo sempre più presenti nelle raccolte a causa del dilagante fast fashion”. Così, gli impianti di selezione stanno riempiendo i magazzini a causa del rallentamento dei mercati.

Se l’Europa blocca le esportazioni della frazione riusabile meno qualitativa, dicono le associazioni, in assenza di impianti per il riciclo, l’equilibrio salta e la raccolta rischia di fermarsi. Quantitativi di rifiuti tessili non riusabili finirebbero in discarica o inceneritore.

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