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Veicoli a fine vita: l’illegalità italiana strozza la filiera del riciclo

La filiera è al collasso per il crollo dei prezzi delle materie prime, mentre il mercato nero dei veicoli a fine vita prospera grazie al far west normativo

Veicoli a fine vita l'illegalità italiana strozza la filiera del riciclo

 

(Rinnovabili.it) – Una lettera a Matteo Renzi per correggere le storture che oggi stanno riducendo al collasso la filiera dei veicoli a fine vita (ELV). L’hanno firmata i presidenti di ADA (Associazione demolitori di auto) e  AIRA (Associazione italiana riciclatori di auto), che rappresentano le più importanti imprese di autodemolizione e gli impianti di frantumazione e recupero delle auto a fine vita all’interno di FISE UNIRE, l’Unione nazionale delle imprese di recupero.

La richiesta è chiara: «modificare l’assetto normativo della filiera», introducendo «l’obbligo di re immatricolazione» come requisito per cancellare un veicolo dal Pubblico Registro Automobilistico prima che venga esportato. Inoltre, serve «una stretta tracciabilità dei rifiuti derivanti dal trattamento dei veicoli stessi e una maggiore qualifica dei soggetti della filiera».

Sono sempre meno, infatti, i veicoli avviati a demolizione, mentre aumentano quelli «radiati per esportazione»: negli ultimi 4 anni, denunciano le associazioni, hanno superato i 2 milioni e mezzo, cifre che nascondono «profili di illegalità». Questo perché «non sempre il veicolo radiato per esportazione viene reimmatricolato all’estero», nel 30% dei casi nemmeno esportato, andando ad eludere la normativa fiscale, di responsabilità civile ed ambientale. Alcune vetture continuano a circolare in Italia con «targhe temporanee» e senza assicurazione, altre finiscono oltre confine ad alimentare il mercato nero dei rottami. Questo sottrae grandi quantità di materiale altrimenti destinato ai centri di demolizione, che potrebbero reimmettere nel mercato i ricambi usati. A subirne le conseguenze è anche l’industria siderurgica, che si vede scippate centinaia di migliaia di tonnellate di rottami di ferro, creando vuoti che deve colmare con importazioni da altri Stati.

 

Veicoli a fine vita l'illegalità italiana strozza la filiera del riciclo 2Ma non è finita, perché questa deriva si inserisce in un più vasto scenario di crollo dei prezzi: «Il settore – spiegano ADA e AIRA in un comunicato stampa – è oggi penalizzato principalmente dal brusco calo di valore delle principali materie prime derivanti dal riciclo dei veicoli (-30%), condizione che ostacola seriamente la sostenibilità economica della filiera e il già difficile percorso per il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla Direttiva 2000/53/CE, oltre a determinare l’inevitabile chiusura di molte aziende».

La crisi del settore, in cifre, è questa: il prezzo del proler – il ferro che si ottiene dalla frantumazione dei rottami metallici tra cui gli ELV – è sceso in soli 8 mesi da 243 a 170 euro a tonnellata. A detta dei riciclatori, questa situazione sta generando fermi produttivi di numerosi poli siderurgici italiani, «nonché un continuo calo dei prezzi del rottame, producendo enormi difficoltà di molte filiere del recupero in quanto i costi di gestione dei rifiuti superano abbondantemente gli scarsi ricavi». Nei primi mesi dell’anno, l’export di veicoli a fine vita contava per quasi un terzo del totale, ma nelle regioni del Nordest, più prossime ai mercati di sbocco delle auto “moribonde”, questa cifra sale quasi al 70%.