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Una nuova tecnica per lo smaltimento dei rifiuti sanitari

L’ipertermia magnetica è il metodo di smaltimento dei rifiuti sanitari più efficiente
Foto di Liz Masoner da Pixabay

La pandemia genera un enorme problema di smaltimento dei rifiuti sanitari

(Rinnovabili.it) – Quando è scoppiata la pandemia da Coronavirus l’urgenza è stata dotare le popolazioni di dispositivi di protezione prima, e di diffondere il vaccino in maniera pervasiva poi: si è pensato poco allo smaltimento dei rifiuti sanitari prodotti perché bisognava innanzitutto fermare il virus.

Mascherine, abiti per i sanitari, siringhe usa e getta sono così divenuti prodotti di ordinaria amministrazione, con la conseguente diffusione di grandi quantità di rifiuti medici biopericolosi.

Uno studio cinese ha ipotizzato uno smaltimento di questi ultimi che può convertirne una parte consistente – le siringhe monouso – in gas ricchi di idrogeno e grafite, attraverso un processo di catalisi avviato un campo magnetico alternato. La tecnica prevede di utilizzare gli aghi delle siringhe come recettori di onde elettromagnetiche.

Lo smaltimento dei rifiuti sanitari della pandemia è un’urgenza

Dopo più di due anni di pandemia, lo smaltimento dei rifiuti sanitari è divenuto un’urgenza. Dall’inizio della diffusione dei contagi prima e delle campagne di vaccinazione poi, la domanda di prodotti medici monouso è cresciuta esponenzialmente. I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dicono che in tutto il mondo, tra marzo 2020 e novembre 2021, sono stati spediti dall’ONU 87.000 tonnellate di materiali, tra mascherine e abiti produttivi, più di 140 milioni di tamponi e di 8 miliardi di dosi di vaccino. La quantificazione degli impatti è sconfortante e raggiunge le 144.000 tonnellate di rifiuti. Questi prodotti di scarto rappresentano una minaccia per l’ecosistema e per la salute umana e per questo va trovata rapidamente una soluzione per il loro smaltimento.

Tecniche di smaltimento dei rifiuti sanitari

I prodotti medici monouso contengono una serie di polimeri plastici come polietilene, polipropilene e polistirene, e metalli come l’acciaio inossidabile 304. In questi anni sono state elaborate diverse strategie per smaltirli, come le tecnologie di conversione termochimica, cioè l’incenerimento.

La pratica dell’incenerimento è tra le più diffuse ed è ritenuta la più semplice e rapida, ma non può essere una soluzione a lungo termine perché ha una serie di impatti: produce elevate quantità di emissioni di CO2, rilascia gas tossici e riesce a fare un uso efficiente soltanto del calore, perdendo l’opportunità di mettere in campo un ulteriore recupero.

Un’altra tecnica per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti sanitari è quella della gassificazione, che genera flussi di gas di sintesi utilizzabili per altri scopi energetici. La plastica delle siringhe, ad esempio, contiene tra l’8 e il 14% di idrogeno e può essere convertita in materia prima seconda per la produzione di H2.

Il processo proposto dal team cinese che ha elaborato la nuova tecnica di trattamento dei rifiuti sanitari prevede due fasi: con la pirolisi ad alta temperatura si converte il polimero plastico che compone le siringhe in una miscela di vapore e gas, che subisce poi un trattamento, detto cracking catalitico, che ne ricava syngas (come idrogeno, metano ed etilene).

Il processo, tuttavia, ha una bassa efficienza di conversione e consuma alte quantità di energia. Il problema che gli scienziati si trovano ora ad affrontare è proprio quello di uno smaltimento dei rifiuti sanitari che abbia una conversione più efficiente e un consumo energetico più basso.

L’ipertermia magnetica per lo smaltimento dei rifiuti sanitari

Nel tentativo di trovarla, questa ricerca ha utilizzato un effetto termico usato tipicamente nel trattamento del cancro: l’ipertermia magnetica.

Lo studio è partito dalla selezione della frazione pesante di bio-olio che compone le siringhe monouso, e dall’uso degli aghi cataliticamente attivi. Con questo metodo l’estrazione di H2 ha un rendimento molto elevato che raggiunge il 63%, lasciando come residuo della grafite. Il processo è tanto efficace che la resa di H2 permane dopo 10 cicli.

Questa tecnica, secondo i ricercatori, è al momento la più avanzata tra quelle proposte sinora perché riduce al minimo l’utilizzo di energia, visto che il riscaldamento utile ad attivare la reazione è localizzato.

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