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L’UE punisce il cartello del riciclo batterie auto

L’UE punisce il cartello del riciclo batterie auto

 

(Rinnovabili.it) – Le batterie automobilistiche sono il prodotto di consumo più riciclato al mondo. Nell’Unione Europea, quasi il 99% delle batterie usate negli autoveicoli (58 milioni di dispositivi l’anno) evita la discarica grazie ad un quadro normativo sempre più rigoroso ed una filiera attenta. Ma anche in mercato come quello europeo esistono delle pecche. Pecche come il cartello creato da quattro società: Kempen (Belgio), Eco-Bat Technologies (Regno Unito), Johnson Controls (USA) e Recylex (Francia).

 

Bruxelles ha scoperto come dal 2009 al 2012, queste quattro aziende  attive nel settore del riciclaggio si siano accordate fra loro per fissare il prezzo di acquisto delle batterie al piombo usate in Belgio, Francia, Germania e Paesi Bassi. A differenza di quanto accade nella maggior parte degli accordi di cartello, in cui le aziende decidono di aumentare i prezzi di vendita, le quattro società hanno abbassato il prezzo di acquisto pagato per i rifiuti, intralciando il normale funzionamento del mercato e danneggiando la concorrenza.

 

La maggior parte dei contatti tra le quattro parti si sono svolti a livello bilaterale, per lo più attraverso telefonate, e-mail o messaggi di testo e – sottolinea l’esecutivo – con la chiara consapevolezza della natura illecita del loro operato: non era raro, infatti, che cercassero di nascondere i fatti usando un linguaggio in codice, per esempio facendo riferimento alle previsioni del tempo per i diversi livelli di prezzo.

 

Le indagini della Commissione europea sono iniziate a seguito della richiesta d’immunità presentata dalla Johnson Controls nel giugno 2012 per aver rivelato l’esistenza del cartello. La vicenda si chiude però solo oggi con una multa da 68 milioni di euro a carico delle altre tre società.

 

Il Commissario per la politica della concorrenza, Margrethe Vestager, spiega: “Quando i mercati funzionano bene, siamo in grado di ridurre gli sprechi e sostenere l’economia circolare più facilmente. Quindi non è possibile tollerare un comportamento che danneggia la concorrenza”. Dal momento che l’accordo era legato alla collusione sul prezzo di acquisto, la Commissione ha utilizzato il valore degli acquisti (piuttosto che il valore delle vendite) per impostare le ammende.

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