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Tomasi: Coou protagonista anche fra 30 anni

Tomasi Coou protagonista anche fra 30 anni.Gli obiettivi fissati sono stati raggiunti, ma il Coou non si ferma. Dopo 30 anni di impegno, con la creazione di una filiera virtuosa che va dalla raccolta al riciclo degli oli usati, il Consorzio guarda al futuro con l’idea di modellare la sua struttura in modo da lasciare spazio a un’economia di mercato, pur mantenendo il suo ruolo di supervisore e garante. Il presidente, Paolo Tomasi, elenca i numeri sui tre decenni del Coou presentati di recente ad Ecomondo, e immagina lo scenario che si profilerà nei prossimi tre.

 

Come arriva il COOU al traguardo dei primi 30 anni di attività e cosa ha significato per voi portare questo anniversario alla fiera Ecomondo?

 

Oltre 5 milioni di tonnellate recuperate, il 90% delle quali avviate al riciclo tramite rigenerazione, con un risparmio per l’Italia di 3 miliardi di euro sulla bolletta petrolifera: sono questi i “numeri” con i quali il Consorzio ha raggiunto il traguardo dei 30 anni di attività. Risultati importanti, che in occasione di Ecomondo abbiamo voluto presentare attraverso il “Green Economy Report”, un lavoro curato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile che analizza a fondo le performance economiche e ambientali del nostro lavoro dal 1984 ad oggi. Alla Fiera riminese, peraltro, abbiamo deciso di presentarci ancora una volta come “Sistema Consorzio” insieme alle aziende di raccolta e alle imprese della rigenerazione: è grazie al lavoro di questa filiera breve che l’Italia può vantare risultati di tutto rispetto nell’ambito della raccolta e del riciclo dell’olio lubrificante usato.

 

Quali erano gli obiettivi fissati, e quali sono stati raggiunti in campo ambientale, economico e occupazionale?

L’obiettivo iniziale era quello di raccogliere la maggiore quantità possibile di questo rifiuto su tutto il territorio nazionale e destinarne la gran parte al recupero di materia. Considerando che ormai recuperiamo il 98% dell’olio usato raccoglibile nel nostro Paese e che ne destiniamo il 90% alla rigenerazione, si può dire che abbiamo fatto molta strada, anche se l’obiettivo resta quello del 100% della raccolta. Il nostro lavoro, peraltro, ha contribuito a ridurre in misura significativa non solo l’inquinamento ambientale, ma anche i consumi di acqua, materia e suolo. L’effetto positivo sul consumo di acqua (water footprint) ha portato a un risparmio netto cumulato di 2,3 miliardi di metri cubi di oro blu; trent’anni di recupero degli oli usati hanno consentito inoltre di evitare il consumo di 6,4 milioni di tonnellate di materia prima vergine (material footprint); dall’analisi di carbon footprint del sistema, emerge anche un risparmio netto cumulato di emissioni climalteranti di 1,1 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, mentre grazie al riciclo degli oli come basi lubrificanti rigenerate sostitutive di basi lubrificanti vergini, è stato risparmiato il consumo di 7.306 ettari di suolo (land footprint). Dal punto di vista occupazionale, oggi sono 1.110 gli impiegati nella filiera degli oli usati, e almeno altrettanti considerando l’indotto.

 

Quanto è esportabile il modello del COOU in altri Paesi?

Il lavoro della filiera italiana non è passato inosservato all’estero e già da diversi anni il Consorzio esporta il proprio know-how sia in Paesi tecnologicamente avanzati, come gli Stati Uniti, sia in nazioni in grande sviluppo che iniziano a considerare solo ora la difesa dell’ambiente come elemento prioritario. Penso alla Cina, dove l’industria della rigenerazione italiana ha stretto di recente degli accordi per il trasferimento della propria tecnologia. La Cina, in sostanza, sta scegliendo la “soluzione italiana” al problema della gestione degli oli lubrificanti usati: e ciò potrebbe spalancare le porte di un mercato vastissimo a molte imprese dello Stivale che lavorano nel campo della green economy.

 

Quali sono le strategie del Consorzio per affrontare le sfide dei prossimi anni? Quale sarà lo scenario economico in cui vi muoverete?

Recentemente abbiamo adottato un nuovo modello operativo che conferma al Consorzio il compito di assicurare ed incentivare la raccolta, ma al contempo favorisce il passaggio alla libera contrattazione tra gli operatori del mercato delle attività di acquisto e cessione degli oli usati. Per mantenere in equilibrio il sistema in ogni condizione al contorno, il Consorzio si impegna ad intervenire in via sussidiaria, nei casi di “fallimento del mercato” garantendo il “servizio universale” che la legge gli affida. In questo modo il COOU conserva tutti i suoi compiti, ma non detiene la proprietà dell’olio usato in quanto l’acquisto e la vendita avvengono direttamente tra imprese di raccolta e aziende di rigenerazione. Quanto allo scenario economico, bisogna tener presente due elementi essenziali. Il primo è che la quantità di olio usato disponibile è in calo da alcuni anni e con ogni probabilità lo sarà anche in futuro, non solo a causa della crisi economica ma anche perché i motori delle nostre automobili necessitano con sempre minor frequenza di un cambio dell’olio; il secondo è che l’olio lubrificante usato, che un tempo era considerato solo un rifiuto da sottrarre all’ambiente, ora si è trasformato in una risorsa economica, una materia prima seconda molto ambita sul mercato.

 

Tentiamo un esercizio di fantasia: che ruolo immagina per il COOU fra 30 anni?

La sfida che abbiamo raccolto in questi ultimi mesi cercando di interpretare il futuro credo possa essere valida anche fra 30 anni: il Consorzio dovrà sempre prodigarsi per conseguire l’obiettivo di difesa dell’ambiente dall’inquinamento da olio usato come prevede la legge, continuando a garantire a cittadini e consorziati una gestione accorta delle risorse economiche messe a sua disposizione. Ma, ovviamente, dovrà farlo adattandosi a uno scenario che è sempre in rapida mutazione per restare protagonista in una green economy responsabile, competente e matura.

 

COOU  Intervista a PAOLO TOMASI Presidente

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