L’analisi degli auditor comunitari sulla tassa UE sulla plastica
È stato un “inizio difficile” quello della risorsa propria basata sui rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati. La nuova fonte di entrate per il bilancio dell’UE, introdotta nel 2021 e nota come tassa UE sulla plastica, non ha dato i risultati sperati e presenta dei problemi di calcolo. Le criticità non finiscono qui: i dati forniti dai Ventisette non sono del tutto affidabili e mancano controlli adeguati.
Tre anni fa, l’Europa ha aggiunto una 4° “risorsa propria” a fianco di dazi doganali, Iva e una tassa basata sul reddito nazionale lordo: una tassa UE sulla plastica. L’imposta è una delle principali voci del bilancio comunitario ed è stata pensata anche per incentivare la riduzione dei consumi di prodotti di plastica monouso, promuovere il riciclaggio e dare impulso all’economia circolare.
Come è andata l’introduzione della nuova risorsa propria? Non molto bene, risponde la Corte dei Conti europea. In un rapporto pubblicato il 17 settembre, gli auditor comunitari spiegano chiaramente che “il metodo di calcolo di questa nuova entrata presenta ancora troppe debolezze”.
Come funziona la risorsa propria basata sui rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati? È costituita da un contributo nazionale calcolato sulla base di un importo pari a 0,80 euro per chilogrammo di rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati. “Poiché i dati pertinenti sono disponibili solo a distanza di due anni, i contributi sono basati su previsioni che sono successivamente adeguate”, sottolinea il rapporto.
Proprio qui si annida il problema principale. I paesi fanno delle previsioni errate, e il sistema non ha i meccanismi e i protocolli necessari per correggere la rotta rapidamente, recuperare le risorse mancanti, e garantire l’integrità del bilancio comunitario.
La radice di questi problemi, però, è univoca: sta in incongruenze o leggerezze commesse dai Ventisette nel recepire la normativa europea di riferimento. Secondo la Corte dei Conti UE, “almeno una disposizione fondamentale (ad esempio, la definizione di “plastica” e di “imballaggio”, o il calcolo dei rifiuti di imballaggi di plastica generati e riciclati) non era stata adeguatamente recepita”.
In numeri, queste mancanze diventano un buco di 1,1 miliardi di euro. È l’importo che i paesi non hanno versato nel 2021 perché hanno sottostimato la quantità di rifiuti di imballaggi in plastica non riciclati. Cioè, circa il 20% del totale riscosso quell’anno, pari a 5,9 miliardi di euro.