(Rinnovabili.it) – Poco più di vent’anni fa, prima che il D.Lgs 22/97 sulla gestione dei rifiuti entrasse in vigore, la discarica era l’opzione quasi obbligatoria per l’80% della spazzatura italiana. Le buone pratiche della differenziata e del riciclo non riuscivano a intercettare neppure il 10% del volume. Ma dal marzo 1997 in poi tutto è cambiato. Lentamente ma radicalmente. Il Decreto Ronchi, come è stato ribattezzato il provvedimento, ha attuato una riforma organica e sistemica recependo e coordinando, tre direttive europee sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi e sugli imballaggi. Nel corso del tempo, a causa dell’intervento di numerosi e successivi provvedimenti, ha assunto la struttura di un sistema normativo complesso e articolato, sui cui l’Italia sia basata per garantire un elevato grado di protezione della salute dell’uomo e dell’ambiente.
A fare il bilancio di questi primi vent’anni è oggi CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile di cui Edo Ronchi è presidente. “Con quella riforma – ricorda lo stesso Ronchi – scegliemmo di anticipare, non senza difficoltà, gli indirizzi europei sulla gerarchia nella gestione dei rifiuti, assegnando una netta priorità al riciclo rispetto al largamente prevalente smaltimento in discarica e anche rispetto alle proposte che assegnavano priorità all’incenerimento di massa, Quella riforma ha consentito di far decollare l’industria verde del riciclo dei rifiuti”.
Decreto Ronchi, cosa è cambiato
I numeri parlano da soli: nel 1997 veniva smaltito in discarica l’80% dei rifiuti urbani (21,3 Mton) con una raccolta differenziata che era al di sotto del 9%; nel 2015, nonostante i rifiuti urbani prodotti siano aumentati di quasi 3 Mton, quelli smaltiti in discarica sono scesi al 26% (7,8 Mton), la raccolta differenziata è arrivata al 47,6% e il riciclo/recupero di materia dei rifiuti speciali è aumentato da 13 Mton a 83,4 Mton (Dati Ispra). Anche il sistema italiano di gestione dei rifiuti d’imballaggio ha raggiunto buoni risultati. L’avvio al recupero degli imballaggi – il Decreto istituì, infatti, il sistema CONAI – è salito dal 33% del 1997 al 78,5% dell’immesso al consumo nel 2015. Inoltre è già stato superato l’obiettivo del 65% (siamo al 67%) di avvio al riciclo dei rifiuti da imballaggio che la nuova Direttiva indica per il 2025.
I numeri della green economy per i rifiuti
L’impegno nel settore ha dato nutrimento all’industria italiana della green economy che conta oltre 6.000 imprese (in aumento del 10% rispetto al 2008) con circa 155 mila addetti e un fatturato di circa 50 miliardi di euro in ambito rifiuti. Considerando anche le aziende che gestiscono rifiuti come loro attività secondaria o che utilizzano il recupero delle materie prime seconde nel proprio ciclo produttivo, spuntano altre 3.150 realtà produttive e ulteriori 183 mila addetti. Il numero complessivo di aziende coinvolte in questo settore sale a oltre 9 mila per complessivi 328 mila addetti. Il sistema – continua Ronchi – potrebbe consentire di raggiungere anche i nuovi e più impegnativi target europei di riciclo a condizione che venga applicata in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale recuperando i ritardi che ancora persistono in alcune grandi città (come Roma e Napoli) e in 5 regioni del Sud: Basilicata (31% RD), Puglia (30%), Molise e Calabria (25%), Sicilia (13%). Il recupero di questi ritardi sarà essenziale per raggiungere i nuovi obiettivi europei: il 60% di riciclo dei rifiuti urbani per il 2025 e 65% entro il 2030”.