Nel 2020, in Europa, abbiamo prodotto 127kg di rifiuti alimentari a testa: il 55% dello spreco di cibo avviene in famiglia, con una quantità di scarti che ammonta a 70kg pro capite. Gli esiti del monitoraggio Eurostat.
Più della metà dei rifiuti alimentari viene generata in casa
(Rinnovabili.it) – I dati dell’ultimo monitoraggio Eurostat sui rifiuti alimentari mostrano che nel solo 2020, anno della diffusione della pandemia COVID19, in Unione Europea si è generato un volume di media di 127 kg di scarti a persona. Più della metà del cibo viene sprecata in casa, il resto nelle catene di approvvigionamento alimentare.
Nel 2020 abbiamo buttato 127 chili di cibo a testa
I rifiuti alimentari prodotti nel 2020 ammontano a una media di 127 chilogrammi a testa per ogni cittadino europeo; il 55% di questi sono generati dalle famiglie, con uno spreco di 70 kg per abitante. Il restante 45% è generato all’interno delle catene di approvvigionamento, ristorazione e simili.
L’ultimo monitoraggio di Eurostat presenta i dati UE, corredati da un’analisi statistica dettagliata.
La lotta allo spreco alimentare da parte dei consumatori è uno degli obiettivi europei e globali più difficili da perseguire: a casa si genera quasi il doppio dei rifiuti alimentari rispetto agli altri settori che si occupano di cibo, dalla produzione di materie prime a quella di prodotti o bevande.
Nei comparti secondari infatti esistono una serie di strategie ideate per la riduzione degli sprechi come l’utilizzo di parti scartate per produrre sottoprodotti: questi espedienti aiutano ad abbassare la quota di rifiuti alimentari portandola rispettivamente a 14 chili per abitante per quanto riguarda la produzione primaria e 23 chili per quanto riguarda quella di prodotti alimentari o bevande.
Dai ristoranti ed altri generi di servizi arrivano 12 chili di scarti a persona, circa il 9% del totale complessivo dei rifiuti alimentari; dalla distribuzione al dettaglio e di altri generi se ne producono una media di 9kg a testa, pari al 7%. L’analisi sottolinea che vanno però approfondite le relazioni tra le performance di questi comparti industriali e gli impatti dello stop globale imposto dalla pandemia, che ha determinato una serie di blocchi nelle produzioni.