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Riciclo delle navi: finalmente l’Ue rispetterà i diritti umani?

Fino ad oggi era il far west, ma l’Unione europea si è decisa a varare degli standard per il riciclo delle navi attenti ai diritti umani e all’ambiente

Riciclo delle navi l’Ue vara il regolamento

 

(Rinnovabili.it) – Finalmente la Commissione europea ha pubblicato una guida tecnica per gli impianti di riciclo delle navi situati in Paesi terzi che vogliano rientrare negli standard fissati dai regolamenti Ue in materia. Le strutture che entreranno nella graduatoria dovranno garantire condizioni di lavoro sicure e ascrivibili agli standard internazionali, controllo dell’inquinamento e una corretta gestione dei rifiuti a valle del processo. Solo nei cantieri approvati dall’Unione dovranno essere smaltite le navi che battono bandiera europea.

«I cantieri di demolizione che vogliono far parte della lista europea degli impianti autorizzati devono soddisfare elevati standard ambientali e di sicurezza – esulta Ingvild Jenssen, Policy Director della piattaforma di ONG per il riciclo sostenibile delle navi – Il messaggio della Commissione è chiaro: una spiaggia non protetta non è il luogo appropriato per un settore ad alto rischio pesante che coinvolge la gestione dei rifiuti pericolosi».

 

Riciclo delle navi l’Ue vara il regolamento 2Questo, infatti, è quello che accade nella maggior parte dei casi. I costruttori di navi mandano le imbarcazioni a fine vita a spiaggiarsi in Bangladesh, dove frotte di ragazzini sfruttati dal racket locale lavorano tutto il giorno allo smontaggio dei colossi, su un bagnasciuga inquinato e con il rischio di sversamenti ed esplosioni.

Secondo l’UE, riciclo delle navi è un’attività industriale che ha bisogno di metodi industriali, attrezzature e standard. Alcuni Stati membri con forti interessi nel settore marittimo hanno provato ad annacquare i requisiti del regolamento, nella speranza di includere nelle strutture autorizzate dall’Ue quelle fatiscenti del Sudest Asiatico, che violano standard ambientali e dei diritti umani. Ma la loro pressione, una volta tanto, non ha avuto esito.

Il regolamento contenuto nella guida tecnica dell’Ue premia le aziende che già hanno investito, o sono disposti a investire, nelle infrastrutture necessarie e nell’impiego di lavoratori formati per garantire pratiche di riciclo sicure e compatibili con l’ambiente. Le verifiche dovrebbero essere fatte da autorità indipendenti e la stessa Commissione europea organizzerà degli audit. Tutto ciò rappresenta una garanzia per le ONG di poter presentare denunce pesanti qualora gli standard non venissero soddisfatti, e chiedere che un eventuale sito di riciclo venga rimosso dalla lista.