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Riciclo navi: gli armatori cercano di indebolire le norme UE?

L'industria navale euroea chiede di inserire siti extra UE nell'elenco dei demolitori. T&E: “L'Europa è in grado di riciclare le proprie imbarcazioni in ​​modo sostenibile”

Riciclo navi

Braccio di ferro sul riciclo navi europeo

(Rinnovabili.it) – A partire dal prossimo anno il settore del riciclo navi europeo dovrà fare un passo in avanti. Secondo la nuova normativa UE, dal 1° gennio 2019 gli armatori registrati nell’Unione dovranno utilizzare solamente cantieri di demolizione approvati a livello comunitario. Bruxelles ha stilato un elenco provvisorio di 20 siti di smantellamento, tutti europei, selezionati perché soddisfano gli standard di sostenibilità richiesti. Ma per un settore come quello navale, abituato da anni a ricorrere ai mercati dell’Asia meridionale e della Cina per liberarsi delle vecchie imbarcazioni, le nuove norme europee vanno leggermente strette.

Secondo quanto denuncia oggi Transport and Environment (T&E), l’industria del trasporto marittimo starebbe facendo pressioni sull’esecutivo UE affinché vengano inseriti nell’elenco anche cantieri extra-europei. La motivazione ufficiale presentata dagli armatori è che gli attuali siti per il riciclo navi non saranno in grado di farsi carico di tutto il lavoro. T&E e la ONG Shipbreaking Platform sono convinti, invece, si tratti semplicemente di un pretesto per continuare a ricorrere ai più economici demolitori asiatici. Una convenienza che è facile immaginare da cosa dipenda.

 

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Come spiegava Legambiente in un rapporto del 2016 egli ultimi venti anni, l’Asia del Sud è risultata la destinazione finale preferita per lo smantellamento delle grandi navi commerciali. Le vecchie imbarcazioni vengono arenate sulle spiagge di India, Bangladesh e Pakistan (ma tra i mercati fanno capolino anche Cina e Turchia), dove sono fatte a pezzi manualmente da lavoratori, per lo più migranti sottopagati. “La demolizione avviene in chiara violazione delle leggi internazionali riguardanti lo smaltimento dei rifiuti pericolosi – si legge nel rapporto – tale legislazione pone rigidi requisiti legati al movimento transfrontaliero e alla gestione dei rifiuti tossici”.

 

Sono stati proprio i gravi problemi umani e ambientali legati a queste cattive pratiche, a spingere l’UE a introdurre una normativa ad hoc sul riciclo navi (Regolamento n.1257/2013). Tuttavia l’elenco dei cantieri autorizzati deve ancora essere finalizzato e su questo ritardo si sta giocando un braccio di ferro importante. Gli standard fissati da Bruxelles per il fine vita delle navi garantiscono, infatti, la sicurezza dei lavoratori e importanti ritorni ambientali, permettendo di recuperare materiali preziosi. Le due organizzazioni hanno rilasciato una nuova analisi che dimostra come i cantieri di riciclo navi approvati dall’UE possiedano la capacità sufficiente per gestire la domanda industriale. “La normativa UE sul riciclaggio – ha commentato Lucy Gilliam, responsabile Navigazione a T&E – è nata a causa di storie orribili sulle imbarcazioni che vengono demolite sulle spiagge causando morti inutili e lasciando residui tossici e inquinando terreni e ambienti marini. È essenziale che gli standard ambientali di base siano rispettati nell’elenco europeo”.