I dati resi noti da Siteb mostrano che in Italia è in aumento la percentuale di riciclo delle pavimentazioni stradali. Tuttavia, negli altri paesi tale percentuale è molto più alta. Il tutto va a vantaggio dell’ambiente
di Andrea Barbieri Carones
(Rinnovabili.it) – In Italia aumenta la percentuale di riciclo delle pavimentazioni stradali, che raggiunge il 30%. Risultati in crescita rispetto al passato, visto che nel 2014 la percentuale era del 20% salita poi al 25% nel 2018.
Quanto riciclato dall’Italia resta ancora ben lontano dai dati degli altri paesi europei, dove il recupero di fresato – ossia il bitume recuperato dalla fresatura stradale – raggiunge il 75% in Francia e il 90% in Svizzera.
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La tabella qui sotto dà le proporzioni del fenomeno del riciclo delle pavimentazioni stradali 7 paesi, tra cui l’Italia.
Paesi | Fresato d’asfalto ottenuto dalla rimozione delle pavimentazioni stradali (t) | % di fresato recuperato a caldo e a tiepido |
Francia | 8.074.000 | 75% |
Germania | 13.400.000 | 82% |
Spagna | 1.486.000 | 60% |
Svizzera | 1.650.000 | 90% |
Regno Unito | 6.050.000 | 30% |
USA | 88.000.000 | 94,1% |
Italia (dati 2021) | 11.000.000 | 30% |
I dati sono stati raccolti da un’analisi condotta dal Siteb – Associazione Strade Italiane e Bitumi – resa nota in occasione di Asphaltica, il salone dedicato alle tecnologie e soluzioni per pavimentazioni stradali in corso fino al 26 novembrepressola fiera di Verona.
I motivi di questo scarso riciclo? La burocrazia, innanzitutto. E poi un non uniforme regime delle autorizzazioni. E sì che il tema del riciclo delle pavimentazioni stradale è rilevante. Basti pensare che nel solo 2021 si è evitato l’utilizzo di 420.000 tonnellate di bitume vergine e di 10.500.000 tonnellate di inerti, per un risparmio complessivo di circa 420 milioni di euro di sole materie prime. Senza contare la riduzione di emissioni inquinanti equivalenti a quelle generate da 4 raffinerie di medie dimensioni.
E il risparmio di 420.000 tonnellate di bitume vergine ha comportato anche una riduzione del fabbisogno di petrolio necessario alla sua fabbricazione.
Riciclo delle pavimentazioni stradali, il risparmio potrebbe essere di più
Altri numeri? Ipotizzando che in un futuro non lontano il recupero del fresato possa raggiungere almeno quota 50% (visti anche i dati registrati in altri Paesi), si potrebbe arrivare a impiegare 700.000 tonnellate di bitume in meno. Ed evitare l‘utilizzo 17,5 milioni di tonnellate di inerti vergini, con un risparmio pari a 700 milioni di euro.
“Il settore – osserva Stefano Ravaioli – direttore Siteb – ha compiuto negli ultimi anni significativi passi in avanti sul fronte della riduzione delle emissioni inquinanti. E si presenta oggi proiettato verso gli obiettivi fissati a livello europeo”.
Stefano Ravaioli ha poi rivolto l’attenzione verso la decarbonizzazione del comparto, che passa da tre percorsi. “L’impiego di bruciatori di ultima generazione con consumi assai ridotti e contenimento delle temperature di produzione dei materiali e delle emissioni. Secondo: la realizzazione di conglomerati bituminosi con sempre più elevate percentuali di materiali riciclati, come il fresato d’asfalto e i materiali alternativi (inerti artificiali provenienti dalle attività di fonderia o dalla termovalorizzazione di rifiuti solidi urbani). Terzo: l’utilizzo di mezzi d’opera azionati elettricamente (rulli compattatore e vibrofinitrici) che stanno iniziando a sostituire quelli con motori Diesel”.
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“Ci stiamo avvicinando velocemente – conclude Ravaioli – ad un futuro in cui l’utilizzo di materiali vergini per produrre asfalto sarà considerato un’eccezione, mentre la norma sarà il riciclo costante delle pavimentazioni e l’impiego di costituenti alternativi”.
Il manager parla anche di necessità di cambiare le norme. “Per imprimere un’ulteriore accelerata in tal senso è oggi necessario intervenire sulla normativa End of Waste, eliminando alcuni nodi che rischiano di azzerarne l’efficacia. Primo fra tutti quello relativo alle quantità di fresato trattabili. Altro problema è la questione del sottoprodotto che andrebbe meglio definita normativamente per evitare confusione nell’interpretazione”.