(Rinnovabili.it) – Ogni anno in Europa abbiamo 6 milioni di auto che giungono a fine vita, il che significa che generiamo, solo con il settore automobilistico, 6 milioni di tonnellate di rifiuti: questo il primo dato presentato nello studio dell’Associazione Industriale Riciclatori Auto (AIRA) e della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (Susdef) su riciclo e il recupero dei veicoli fuori uso.
L’Italia contribuisce notevolmente a questo dato con il suo milione e cento di automobili che giungono annualmente a fine vita.
La quasi totalità di questi veicoli viene avviata a riutilizzo e riciclo: solo una quota residuale viene invece destinata al recupero. Il report mostra inoltre i dati del riutilizzo e del riciclo della filiera in Italia, che arriva a quasi l’85% (84,7) del peso medio delle auto. Siamo in linea con il target europeo dell’85% al 2025 per il riciclo, ma le notizie non sono tutte buone. L’obiettivo comunitario per il recupero totale è del 95%, la media attualmente raggiunta è dell’89,6% con un tasso di recupero del 95,1%: al nostro paese mancano più di 10 punti.
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Il gap, secondo il report, sta nel fatto che la nostra normativa non è sufficientemente aggiornata per rispondere alle richieste dell’Unione Europea.
“La disciplina oggi vigente, risalente al 2003, – ha dichiarato Stefano Leoni, presidente di AIRA – si è dimostrata inadeguata, in particolare riguardo al modello di governance della filiera del trattamento dei veicoli fuori uso, all’incapacità di traguardare le performance richieste dall’UE, al disordine normativo sulla ripartizione delle attività di trattamento all’interno della filiera di gestione dei veicoli fuori uso e all’assenza di stimoli per l’innovazione, l’evoluzione tecnologica e il completamento del fabbisogno impiantistico. È quindi necessario agire per superare queste criticità”.
5 proposte su riciclo e recupero dei veicoli
“Come AIRA – ha sottolineato Leoni – riteniamo che questo sia il momento giusto per intervenire, in quanto entro la fine dell’anno la Commissione europea presenterà una proposta di modifica delle direttive in materia e, non meno importante, in quanto ci troviamo all’alba di una rivoluzione tecnologica e culturale, come il progressivo incremento dei veicoli elettrici e lo sviluppo di pratiche commerciali come lo sharing. È, inoltre, importante che l’Italia durante questa transizione normativa e tecnologica coinvolga organicamente gli stakeholder, chiediamo quindi che venga istituito presso il Ministero della transizione ecologica un tavolo di confronto a cui partecipino tutte le rappresentanze delle categorie interessate.”
Alla luce dello studio, AIRA e Susdef hanno elaborato una serie di raccomandazioni per la disciplina della gestione dei veicoli fuori uso che verranno inviate alla Commissione Europea, con la richiesta di estendere la disciplina alle categorie fino a ora escluse, come gli automezzi di peso superiore 3,5 e i motocicli.
Le proposte sono:
- introdurre un regime di responsabilità estesa del produttore che risponda ai principi europei espressi dalla direttiva quadro sui rifiuti, aumentando la platea dei veicoli a essa sottoposti, o tracci in maniera efficace il percorso di trattamento per i marchi automobilistici, per contrastare il fenomeno delle esportazioni a scopo elusivo;
- determinare obiettivi di riciclo per le singole frazioni dei materiali che compongono i veicoli: vetro, plastica e metalli non ferrosi in particolare;
- definire delle premialità a partire da quanta materia riciclata e quante componenti riutilizzate compongono un’auto nuova;
- attuare il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti per colmare la mancanza di impianti;
- sostenere la ricerca e la sperimentazione di nuove tecniche di riciclo.
“Il settore del riciclo dei veicoli fuori uso – ha ricordato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – è strategico per un Paese, come il nostro, che ogni anno importa circa 20 Mt di acciaio e lo sarà ancor di più in futuro con la crescita delle auto elettriche, che richiedono una maggiore quantità di materiali pregiati e classificati come critici. Abbiamo condotto questo studio perché purtroppo abbiamo dovuto constatare che il settore finora non ha avuto la dovuta attenzione nella definizione della rotta verso l’economia circolare e l’Italia non è finora riuscita a centrare l’obiettivo europeo di recupero”.