In Europa, già nella fase di progettazione si pensa al momento in cui il veicolo raggiungerà la fine del suo ciclo di vita, lo chiede l’ambiente e lo impone la normativa; e nel resto del mondo?
Il rapporto costruzione – riciclo auto è strettissimo. La Direttiva europea sugli end of life vehicle rappresenta una punta di diamante nel contesto internazionale e chiede a tutti gli attori coinvolti il rispetto di target sempre più ambiziosi. Secondo quanto imposto in sede europea, l’auto deve già essere progettata in funzione del suo futuro riciclo una volta giunta a fine vita, una mission di cui si è fatta carico soprattutto la ricerca, attenta sia alla scelta dei componenti che alla messa a punto di un assemblaggio ideali una volta che il veicolo dovrà essere riciclato. A spiegarci cosa accade dal momento in cui un’auto viene concepita è Salvatore di Carlo, questa volta interpellato come referente ANFIA, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica composta da 9 gruppi merceologici (Autobus, Autoveicoli, Autovetture Sportive e Speciali, Carrozzieri Autovetture, Carrozzieri Veicoli Industriali, Componenti, Pneumatici, Produttori Veicoli per il Tempo Libero, Rimorchi) che, rappresentando gli interessi delle associate nei confronti delle Istituzioni pubbliche e private, nazionali e internazionali, provvede alla risoluzione delle problematiche tecniche, economiche, fiscali, legislative, statistiche e di qualità del comparto automotive.
“L’Europa – spiega Di Carlo – ci chiede di progettare i veicoli anche in funzione del loro futuro riciclo e una delle condizioni poste dalla Direttiva europea sul trattamento dei veicoli a fine vita, recepita e diventata legge in tutti e 28 i Paesi europei, è la misurazione della “riciclabilità” di un veicolo, una vera e propria omologazione che sottopone tutte le vetture immesse sul mercato dal 2008 a un elemento di controllo omologativo, con una riciclabilità al 95% del loro peso. Secondo il legislatore, infatti, le vetture costruite a partire dal 2008 devono essere idonee a essere riciclate secondo i target che sarebbero stati stabiliti per il post 2015: tutti i prodotti automotive che progettiamo oggi avranno una vita di 20-25 anni e l’ultimo cliente che prenderà la decisione di disfarsi del proprio veicolo lo farà in quell’arco temporale ed è per questo che oggi si chiede di progettarlo per una riciclabilità elevatissima. È per questo che tutti i veicoli che stanno per essere immessi sul mercato europeo devono essere verificati da parte degli enti preposti ed essere in grado di dimostrare una possibilità di recupero al 95%”.
La ricerca gioca un ruolo fondamentale verso il raggiungimento dei target imposti e, oltre alla scelta dei componenti e alla definizione di un assemblaggio ideale di tutti i pezzi che compongono il veicolo, si concentra anche sugli sbocchi dei materiali utilizzati nella costruzione di un veicolo. Quali sono i materiali più facilmente riciclabili? Quante sono, in termini di peso, le ipotesi che possiamo fare sulle quantità di materiali che saranno disponibili? E quali mercati potrebbero assorbire questi materiali? Sono tutti filoni di ricerca alla base della progettazione di un veicolo, che puntano a offrire al cliente le migliori performance, pur non dimenticando il momento della sua demolizione. E qua si inserisce una problematica con cui devono fare i conti progettisti e costruttori: le plastiche.
“Tutti sappiamo che i materiali metallici hanno una grandissima riciclabilità e sono una ricchezza – puntualizza Di Carlo – più problematica è invece la gestione dei materiali plastici utilizzati nella costruzione di un’automobile. Agli inizi la scelta dei polimeri da impiegare era un problema assolutamente ingegneristico e puntava a progettare il miglior materiale in base alla funzione che esso avrebbe dovuto svolgere. Il fiorire di tanti differenti tipi di materiali plastici, ognuno con un’ottimizzazione per la performance richiesta, ha portato al moltiplicarsi del numero di famiglie plastiche usate nell’auto, con non pochi problemi sul loro riciclo. Quantità di materiale plastico di recupero formato dalla stessa famiglia polimerica si può riciclare, anche se usata e in pezzi di diverse dimensioni, un mix di famiglie plastiche no e l’unica soluzione, in questo caso, diventa il recupero energetico. Su questo aspetto è intervenuta sia la ricerca sia la volontà dei progettisti di voler ridurre la quantità delle famiglie polimeriche necessarie per il prodotto auto, a vantaggio di quelle che potevano trovare effettivi mercati di sbocco. Se in passato un veicolo poteva contenere 15-18 diverse tipologie di famiglie plastiche, oggi le moderne vetture ne hanno 7-8 e la maggior parte, come il polipropilene, canalizzabili nei mercati di sbocco con possibilità di reimpiego”.
Il quadro di riferimento in cui il riciclo dell’auto si muove, dunque, sembra essere chiaro e ben delineato. A questo punto, a un passo cioè dalla ridefinizione degli obiettivi europei, Di Carlo sottolinea quanto sia necessario garantire l’avanzamento della strada intrapresa, un percorso ormai segnato su cui tutta la filiera dovrà investire con ricerca e innovazione.
“Oggi le case automobilistiche si sforzano di lavorare insieme ai comparti di mercato a loro vicini proprio nell’ottica di sviluppare mercati di sbocco per i materiali nello stesso settore automotive, ma nello stesso tempo pur con non poche difficoltà gli stessi costruttori cercano anche di ragionare con mercati diversi dal loro, in funzione di una buona accettazione dei materiali che potrebbero offrire. Pensiamo al nesso che negli anni si è instaurato tra pneumatici e asfalti, settori lontani tra loro che oggi invece sono diventati complementari”.
E nel resto del mondo cosa pensano di noi? E come si pongono i costruttori extra-europei nei confronti dell’esempio europeo? Di Carlo ci spiega che, oltre alla trasparenza con cui si sono approcciati alla tematica, tutti i costruttori interessati alla vendita in Europa operano tenendo in considerazione i mercati di arrivo e puntando al raggiungimento di un risultato globale positivo.
“L’Europa si è imposta delle leggi specifiche a favore dell’ambiente e rappresenta ancora una punta di diamante. La legislazione sui veicoli a fine vita, partita operativamente nel 2006, è oggi guardata con estremo interesse in tante altre parti del mondo; penso alla Turchia, alla Russia o al Brasile, che sta immaginando di fare legislazioni simili alla nostra in nome della salvaguardia dell’ambiente. I costruttori esteri guardano a quello europeo come l’unico vero grande esempio ben strutturato e operativo ormai da anni, partecipando attivamente al raggiungimento degli obiettivi. E la risposta che sta dando l’oggetto “automobile” nel suo complesso devo dire sia straordinaria”.