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Reticoli di ceramica rendono possibile eliminare i PFAS dall’acqua in 3 ore

Stampate in 3D con la forma dei waffles, queste strutture sono efficaci nell’eliminare i PFAS dall’acqua e migliorano con il riutilizzo

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via depositphotos.com

Come funziona il processo per eliminare i PFAS dall’acqua senza uso di energia

La lotta ai forever chemicals continua senza sosta. Nei laboratori di tutto il pianeta, in particolare in occidente, si consuma la battaglia fra camici bianchi e sostanze tossiche nel tentativo di trovare modi affidabili per eliminare i PFAS dall’acqua. Dal Regno Unito è arrivata ora la notizia di un nuovo metodo per rimuovere questi composti persistenti dalle acque reflue. Utilizzando reticoli ceramici stampati in 3D e trattati in modo speciale, i ricercatori dell’Università di Bath sono riusciti a eliminare fino al 75% di queste sostanze chimiche in tre ore. L’efficacia del processo, fra l’altro, aumenta con il riutilizzo delle strutture create per l’esperimento.

Come depurare l’acqua da PFAS? L’esempio dei “waffles” di ceramica

La tecnica utilizza “monoliti” stampati in 3D con materiali ceramici infusi con ossido di indio, che si lega alle molecole di PFAS. Questi oggetti, simili per forma ai golosi waffles, possono essere immersi in acqua contaminata per alcune ore. Una volta rimossi, portano con sé i PFAS e purificano il liquido. Possono poi essere trattati per eliminare le sostanze chimiche e riutilizzati.

Altra similitudine con questi oggetti sono le matasse di noodles, tipici spaghetti orientali. Le strutture ceramiche sono però composte da “fili” più spessi rispetto al solito. Ciò massimizza la superficie necessaria per catturare più PFAS possibile. Nel primo test, i reticoli sono stati in grado di rimuovere dall’acqua il 53% di un comune PFAS, l’acido perfluoroottanoico (PFOA). Dopo un trattamento a 500 °C per rigenerarli, la loro capacità è aumentata. Al terzo ciclo, sono stati in grado di eliminare i PFAS dall’acqua con una percentuale del 75%.

Anche se sono necessari ulteriori studi, il team sostiene che queste strutture ceramiche riutilizzabili potrebbero essere aggiunte agli impianti di trattamento delle acque reflue esistenti. Il processo non richiede energia, anche se la rigenerazione tramite pirolisi potrebbe rappresentare una sfida.

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