Dai dati italiani sul riciclo dello storage al progetto educativo Una Pila Alla Volta, il Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori (CDCNPA) racconta a Rinnovabili.it la storia di un settore in continua crescita. L’intervista del direttore Mauro Spagnolo a Giulio Rentocchini, presidente del CDCNPA.
Presidente quando è nato il CDCNPA e su quali presupposti.
Il Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori (CDCNPA) nasce nel 2011 sulla base di quanto previsto dal D.Lgs. 188/08 che recepisce in Italia la Direttiva Europea 2006/66/CE. La normativa prevede, sulla base del principio della “responsabilità condivisa del produttore”, che i produttori di pile e accumulatori formino dei sistemi collettivi e individuali per gestire il fine vita di questi prodotti. Il CDCNPA ha il ruolo di coordinare il lavoro di questi Consorzi garantendo una raccolta dei rifiuti diffusa e capillare su tutto il territorio nazionale.
Quali sono i reali pericoli ambientali della mancata raccolta di pile e accumulatori?
Alcuni di questi rifiuti contengono sostanze che se disperse accidentalmente nell’ambiente possono creare fenomeni di inquinamento, pensiamo ad esempio all’acido solforico contenuto nelle batterie al piombo. Ma ragionando in termini di economia circolare il danno maggiore è dato dal mancato recupero dei materiali in essi contenuti se non si raggiungono adeguati livelli di riciclo.
Qual è il modo corretto, a disposizione del cittadino, per non disperdere una pila nell’ambiente?
È più semplice di quanto si pensi, in Italia esistono decine di migliaia di punti di raccolta per le pile portatili presso le isole ecologiche comunali, gli esercizi commerciali – in particolare i grandi negozi di elettronica – e in alcuni comuni anche attraverso contenitori stradali. L’importante è non gettarli nel sacchetto dei rifiuti indifferenziati. Per le batterie auto è possibile conferirle agli ecocentri del proprio comune oppure agli elettrauto ed agli altri centri di raccolta autorizzati che si occupano della riconsegna ai sistemi dei produttori, senza costi per il consumatore.
Ci faccia una fotografia sull’attuale situazione nazionale a proposito della raccolta e riciclo delle pile e accumulatori. Quale percentuale riusciamo a raccogliere rispetto all’immesso sul mercato? Complessivamente la raccolta continua a crescere, nel 2017 abbiamo registrato un +10% rispetto all’anno precedente con un totale di circa 190mila tonnellate di rifiuti gestiti. A trainare questa raccolta, sia in termini assoluti che di crescita, sono però gli accumulatori industriali e per veicoli che hanno un tasso di ritorno che si aggira intorno al 90% – grazie anche al fatto che il piombo in esse contenuto ha un valore che copre i costi di gestione del rifiuto. Più complicata è la situazione delle pile e gli accumulatori portatili per i quali la normativa europea ci richiede un target di raccolta del 45%. L’Italia da diversi anni è ormai ad un passo da questo obiettivo ma in una situazione di stallo: la causa principale è che i rifiuti effettivamente disponibili per la raccolta sono solo una parte dell’immesso e inoltre la diffusione delle batterie ricaricabili in molti dispositivi ne ha allungato la vita media e passa molto tempo perché diventino rifiuto. A questo va aggiunto il fatto che una pila scarica è un rifiuto che non dà fastidio in casa e troppo spesso rimane chiusa in un cassetto anche per molto tempo.
Quali sono le regioni più virtuose in termini di corretta raccolta delle pile ed accumulatori?
Come per altre tipologie di rifiuto, i nostri dati disegnano un’Italia a 3 velocità, con il Nord che raggiunge buoni livelli di raccolta, le regioni centrali che inseguono e il Sud che è meno attrezzato e raggiunge livelli di raccolta ancora insufficienti, sebbene vi siano anche qui dei centri di eccellenza in termini di risultato. Lombardia, Piemonte e Veneto sono le regioni che in termini assoluti raccolgono di più ma anche al Sud abbiamo visto delle accelerazioni importanti.
Di una pila esausta ed immessa correttamente nel sistema di raccolta quanto si riesce a recuperare in termini di materia ed energia? Ciò che non si recupera come viene trattato?
Le batterie al piombo – quelle delle automobili, ad esempio – hanno un tasso di riciclo altissimo, intorno al 91-92 % in peso. Le pile e gli accumulatori portatili hanno invece un processo di trattamento più complesso e costoso, differenziato per le singole chimiche che le compongono che però consente di recuperare un consistente quantitativo di materie prime seconde: per una classica pila alcalina si arriva al 75-80% di materiale recuperato. Una buona parte delle pile portatili, soprattutto quelle al litio, è trattata ancora all’estero perché in Italia esiste attualmente un solo impianto specializzato. Le materie che non risultano riciclabili sono invece destinate a smaltimento, per termovalorizzazione o, in ultima ipotesi, in discarica.
Voi avete lanciato il progetto “Una Pila Alla Volta”. Di cosa si tratta ed a chi è rivolto?
Da poco è partita la seconda edizione di questo progetto di educazione ambientale che si rivolge ai ragazzi e le ragazze delle scuole medie. L’obiettivo è far capire che la raccolta differenziata di questo rifiuto è una cosa semplice che deve essere fatta proprio “Una Pila Alla Volta”. Abbiamo creato una piattaforma online dove le squadre possono scaricare il materiale didattico con cui scoprire il mondo delle pile e del loro riciclo. C’è poi una fase di contest in cui sono chiamate a sfidarsi su prove legate alla raccolta differenziata, durante le quali devono creare una testimonianza foto o video, che devono caricare sulla piattaforma per ottenere voti utili alla vittoria e ottenere così uno dei buoni acquisto da un montepremi di 38.000€ per l’acquisto di materiale didattico o sportivo. In questo modo i partecipanti diventano dei testimonial delle buone pratiche ambientali e ne diffondono l’importanza ad amici e parenti. Tutte le informazioni utili alla partecipazione sono disponibili sul sito www.unapilaallavolta.it.