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Recupero e valorizzazione del “marine litter”

L'esperienza della marineria di Ancona per la creazione di una economia circolare”

Contenuto realizzato nell’ambito del progetto CNR 4 Elements

marine litter
via depositphotos.com

di Francesco Mancini e Emilio Notti

Con il termine “marine litter” si intende qualsiasi materiale solido persistente, fabbricato o trasformato ed in seguito scartato, eliminato, abbandonato o perso in ambiente marino e costiero. Il marine litter consiste quindi in oggetti adoperati quotidianamente dall’uomo e poi abbandonati o persi in mare, compresi quei materiali che, dispersi sulla terra ferma, raggiungono il mare attraverso i fiumi, il vento, le acque di dilavamento e gli scarichi urbani. Secondo alcune stime, la più alta concentrazione di marine litter è stata trovata nei tratti di mare vicino alla costa, dove l’impatto antropico è più rilevante. I materiali plastici rappresentano oramai la percentuale maggiore del marine litter.

Come indicato dalla Marine Strategy Framework Directive (Direttiva 2008/56/EC del Parlamento Europeo del 17 giugno 2008), l’obbiettivo è quello di intercettare questi rifiuti marini durante le operazioni di pesca per poterli sbarcare ed avviare un processo di recupero, al fine di creare una nuova economia circolare ed allungare la “vita” di questi materiali. 

Sono molte le iniziative denominate “fishing for litter” che negli ultimi anni si sono dedicate ad evidenziare la problematica della presenza di plastiche in mare, approcciando anche protocolli di recupero e sbarco, a carattere dimostrativo.

Sono invece poche le iniziative su scala nazionale che includono la riassegnazione dei rifiuti una volta recuperati. In parte, ciò è dovuto a questioni di carattere normativo, stante il fatto che ad oggi lo sbarco di rifiuti da attività di pesca si configura in modo complesso e costoso per gli operatori, aspetto che rappresenta una barriera al conseguimento di approcci più utili all’ambiente.  

Nell’ambito di una delle azioni pilota del progetto CISP (www.cisp-flag.eu) finanziato dal FLAG Marche Centro e coordinato dal CNR IRBIM di Ancona, è stato affrontato il tema del recupero e riuso includendo le operazioni di riciclaggio e riutilizzo dei rifiuti pescati, provvedendo così a compiere il passo successivo rispetto alle esperienze fino a qui condotte in Italia.

Il gruppo di lavoro, composto dal CNR IRBIM di Ancona, l’Associazione Produttori Pesca Ancona, il gruppo Garbage Service srl, il laboratorio sperimentale CAE srl, la ditta Nexus srl, ha progettato ed avviato un protocollo di recupero della plastica, fino alla produzione di nuovi granuli che sono stati destinati nuovamente al ciclo produttivo mediante stampaggio ad iniezione.

L’iniziativa è stata pensata per esplorare le criticità e barriere possono ostacolare l’effettivo avvio di un approccio risolutivo come quello che la normativa nazionale conosciuta come “decreto salvamare” (DDL 1571/2019) vuole supportare, con il quale si dà la possibilità ai pescatori di diventare parte attiva nel recupero e smaltimento dei rifiuti plastici presenti nei nostri mari. Infatti, allo stato normativo attuale, i rifiuti intercettati dalle imbarcazioni da pesca vengono considerati come rifiuto di processo dell’attività di pesca anche se ciò non corrisponde alla realtà, motivo per cui spesso essi sono rigettati in mare e non sbarcati a terra, in aggiunta al fatto che l’operazione di barco risulta ad oggi molto onerosa e in alcune realtà di complessa praticabilità anche sul piano delle attribuzioni di ruoli rispetto ai vari soggetti potenzialmente preposti al loro recupero.

Una volta stabilita a tavolino la strategia, si è passati alla fase di sperimentazione che ha visto come primo passaggio la raccolta della plastica. L’iniziativa è stata progettata attraverso lo svolgimento di un iter procedurale (Figura 1) per i rifiuti plastici recuperati accidentalmente in mare dalle imbarcazioni da pesca, prevedendo il loro conferimento in porto, passando poi ad una loro quantificazione, caratterizzazione e trasformazione in materia prima seconda, fino alla loro re-introduzione nel ciclo produttivo. 

Complessivamente, sono state svolte 3 campagne, che hanno visto la partecipazione di 5 imbarcazioni, differenti per dimensione ed attività di pesca. I rifiuti plastici, una volta portati a terra sono stati gestiti da un’azienda locale, la Garbage srl per le successive fasi di cernita, identificazione e classificazione, procedura di end of waste e successiva granulazione e stampaggio. Il periodo dell’attività è durato circa 6 mesi, da febbraio 2021 a giugno 2021, dai primi campionamenti alla realizzazione dei primi stampaggi. 

Figura 1. Flow chart del processo di gestione e riuso dei rifiuti in plastica recuperati durante l’attività di pesca

Complessivamente, sono stati recuperati rifiuti per un totale di 82 kg. Una volta recuperati i sacchi dai pescatori, la pesatura è stata effettuata presso la zona predisposta alla cernita, tramite un dinamometro appositamente tarato per l’effettuazione di tale attività.

Il totale dei rifiuti sbarcati è stato selezionato e separato nelle diverse tipologie di materiale, tra cui teli, legno, plastica di vario genere tra cui principalmente polipropilene e polietilene, gomme, cassette polistirolo e metalli.

In figura 2, sono riportati i quantitativi dei principali rifiuti intercettati, divisi per tipologia di materiale. 

Figura 2. Percentuale e peso dei materiali portati in banchina durante le operazioni di pesca

Per l’individuazione specifica dei diversi polimeri intercettati è stata svolta un’analisi tramite spettroscopia ad infrarossi (FTIR-ATR).

Successivamente, le varie tipologie di plastica sono state sottoposte ad analisi chimiche al fine di ricercare anche alcune specifiche tipologie di inquinanti e stabilire la quantità di materiale effettivamente recuperabile tramite gli specifici processi produttivi delle imprese coinvolte.

Preliminarmente alle operazioni di recupero, sono state prelevate dalla massa totale dei rifiuti inviati all’impianto, solamente le frazioni potenzialmente recuperabili con le attuali impiantistiche presenti. 

Per le altre frazioni sarà necessario uno studio più approfondito, non previsto dal presente progetto. Del totale dei rifiuti plastici recuperati, non tutti potevano essere destinati al recupero, a causa delle loro impurità o dell’impossibilità di recuperare determinati materiali. 

Figura 3. Granulo ottenuto durante la prima macinazione.

Complessivamente solo una frazione pari a 19 kg, costituita da materiali polimerici (principalmente polipropilene e polietilene), è stata considerata idonea alla riqualificazione e riuso e sottoposta alla operazione di macinatura.  La frazione corrispondente ai teli, benché costituita principalmente da polimeri idonei secondo la pianificata filiera a terra, non è stata considerata in quanto i teli devono essere prima sottoposti a densificazione per renderli più solidi e compatti.

Al termine di questo processo il granulato ottenuto (Figura 3 ) è stato inviato al Laboratorio del CAE S.r.l. per la classificazione “End of Waste”. Il prodotto di riciclo prenderà il nome di R-POMIX, in accordo alla norma UNI 10667-16:2015. I primi materiali prodotti (Figura 4) saranno utilizzati nel mondo dell’edilizia, in particolare costituiscono dei tappi e coperchi per le cisterne. 

Dai risultati di questo progetto si evince come da un iniziale quantitativo di oltre 80 kg, sia stato possibile produrre 19 kg di materiale, con una efficienza del 20%. Si evidenzia come questa percentuale sia strettamente connessa al processo pianificato di recupero con il fine di produrre materiali utilizzabili nel campo dell’edilizia. 

Altro risultato rilevante è costituito dalla percentuale di teli, che seppur non utilizzati in questa attività, in seguito ad ulteriori processi (come quello di densificazione) può rientrare nel ciclo di recupero e riuso.

La buona qualità del granulo di plastica è stata riscontrata anche dai tecnici di Nexus srl che hanno confermato la possibilità di utilizzo della materia sia come stock miscelato con altre plastiche riciclate sia come stock a sé stante.

Figura 4. Primi prodotti recuperati dall’attività sperimentale

Il progetto pilota punta ad essere un punto di riferimento sia a livello locale che nazionale con l’auspicio di creare nuove cooperazioni tra le diverse marinerie presenti lungo la costa adriatica. La dimostrata fattibilità dell’iniziativa pilota intende supportare anche il percorso normativo del Disegno di legge “Salvamare” al fine di contribuire a superare le attuali carenze di carattere normativo relativamente dalla classificazione dei rifiuti, al loro smaltimento e stoccaggio. La nuova normativa, permetterà ai rifiuti di avere una propria classificazione come rifiuti accidentalmente pescati (RAP) e un loro smaltimento e recupero molto più rapido. 

di Francesco Mancinie Emilio Notti, CNR IRBIM (National Research Council – Institute of Marine Biological Resources and Biotechnologies)